21 Settembre 2005 - Un quasar luminoso privo di galassia ospite
La galassia potrebbe essere stata distrutta o essere composta da materia oscura
Un gruppo internazionale di astronomi, usando il Very Large Telescope (VLT) dell'ESO a
Cerro Paranal e il telescopio spaziale Hubble della NASA, ha condotto uno studio
dettagliato di 20 quasar con basso redshift. In 19 casi su 20, i risultati hanno rivelato
che - come previsto - questi buchi neri supermassivi sono circondati da una galassia che
li ospita. Ma quando gli scienziati hanno studiato il luminoso quasar HE0450-2958, situato
a circa 5 miliardi di anni-luce di distanza, non sono riusciti a trovare alcuna traccia di
una galassia che lo circondasse.
I buchi neri "supermassivi", con masse pari a centinaia di milioni di volte
quella del nostro Sole, sono fra gli oggetti più strani e affascinanti che si conoscano.
Nascosti nel centro di quasi tutte le galassie più grandi, compresa la nostra Via Lattea,
si manifestano talvolta divorando la materia che li circonda: visibili anche a grande
distanza, sono chiamati "quasar" ed erano inizialmente stati confusi con stelle.
Le osservazioni avevano suggerito che essi sono sempre associati con grandi galassie
ospiti. Eppure, per HE0450-2958 non è stato trovato alcun ambiente stellare: se esiste
una galassia ospite, dunque, deve avere una luminosità almeno sei volte più bassa di
quanto previsto basandosi sulla luminosità del quasar, oppure un raggio inferiore ai 300
anni-luce. Ma i tipici raggi delle galassie che ospitano i quasar vanno da 6000 a 50.000
anni -luce.
L'assenza di una galassia massiva suggerisce che si tratti di un quasar davvero esotico. I
ricercatori ipotizzano diverse spiegazioni possibili, che dovranno essere ulteriormente
indagate e confrontate. La galassia potrebbe essere stata distrutta completamente come
risultato di una collisione, oppure essere composta quasi interamente da materia oscura.
Lo studio è stato condotto da Pierre Magain e Géraldine Letawe dell'Università di
Liegi, in Belgio; Frédéric Courbin, Georges Meylan e Pascale Jablonka dell'Istituto
Politecnico di Losanna, in Svizzera; Knud Jahnke e Lutz Wisotzki dell'Istituto di
Astrofisica di Potsdam, in Germania.
Fonte: Le scienze Online
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