10 Novembre 2005 - Una compagna per Eta Carinae
La stella è stata osservata direttamente nell'ultravioletto
Usando il satellite FUSE (Far Ultraviolet Spectroscopic Explorer) della NASA, alcuni
astronomi hanno osservato direttamente per la prima volta la compagna di Eta Carinae, una
delle stelle più massive e insolite della Via Lattea. La scoperta è stata resa possibile
dall'elevata temperatura della stella compagna e dalla sensibilità unica del satellite
nelle lunghezze d'onda ultraviolette più corte.
Eta Carinae è una stella instabile, ritenuta ormai prossima allo stadio finale della
propria vita. Si trova a circa 7500 anni-luce dalla Terra, nella costellazione Carina, è
nitidamente visibile nell'emisfero australe ed è oggetto di intensi studi da svariati
decenni. Gli scienziati ritenevano che la presenza di una compagna in orbita attorno ad
Eta Carinae potesse spiegare alcune delle sue strane proprietà, ma finora mancavano le
prove della sua esistenza.
"Fino a oggi, - ha dichiarato Rosina Iping della Catholic University of America di
Washington - la compagna di Eta Carinae era sfuggita all'osservazione diretta. La sua
scoperta contribuirà significativamente alla nostra comprensione di questa stella
enigmatica".
L'ipotesi che Eta Carinae potesse essere un sistema binario derivava dai cambiamenti
osservati nello spettro visibile, infrarosso, radio e X con un ciclo di circa 5,5 anni.
Gli astronomi avevano pensato che i cambiamenti fossero provocati da una seconda stella,
in un orbita di 5,5 anni attorno a Eta Carinae. La prova indiretta più evidente della sua
esistenza era il fatto che, ogni 5,5 anni, i raggi X provenienti dal sistema sparivano per
circa tre mesi.
La compagna era sfuggita a ogni osservazione, persino quando era stato usato il telescopio
spaziale Hubble. Iping e colleghi si sono allora rivolti al satellite FUSE, perché può
osservare lunghezze d'onda ancora più brevi di Hubble, e hanno osservato luce
ultravioletta proveniente direttamente dalla stella compagna. La stella, infatti, è molto
più calda di Eta Carinae. La scoperta è stata descritta sulla rivista
"Astrophysical Journal Letters".
Fonte: Le scienze Online
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