Emanuel Swedenborg ed i suoi angeli

Di Candida Mammoliti

 

Nel 1858 la Royal Library di Stoccolma acquistò un manoscritto non identificato appartenuto ad un certo professor Scheringson, morto nove anni prima. Si trattava di una specie di diario, 104 pagine in tutto, scritte a mano: la storia di un’anima.Ne fu scoperto più tardi l’autore. Si chiamava Emanuel Swedenborg, scienziato dagli interessi multiformi ed enciclopedici, certamente uno dei geni del XVIII° secolo, che all’improvviso, all’età di 56 anni, aveva iniziato ad essere protagonista di insolite esperienze che lo colpivano profondamente e lo sconcertavano.

Jesper Swedenborg era ancora predicatore a Stoccolma quando Emanuel nacque il 29 gennaio 1688, terzo degli otto figli che il prelato ebbe dalla prima moglie.Dell’infanzia di Emanuel non si sa molto. Aveva appena otto anni quando perse la madre, tuttavia il carattere tranquillo e benevolo di lei lasciò un segno profondo nell’animo del bambino, che fu cresciuto dalla sorella maggiore e dalla matrigna. È indubbio che fin da allora l’educazione religiosa e l’ambiente spirituale della famiglia, ma soprattutto l’influsso paterno, sviluppassero in lui il senso della presenza, concretezza e realtà del mondo ultraterreno. Ma con il passare degli anni ed il contatto con la scuola e la tradizione scientifica del suo tempo, Emanuel abbandonò il mondo della sua infanzia. I suoi interessi si rivolsero interamente alla scienza.

L’ambiente accademico con cui egli venne in contatto all’università di Uppsala, era quello dell’umanesimo svedese. In Svezia l’umanesimo, che per altro vi era giunto tardi rispetto al centro Europa, continuava a dominare incontrastato. Emanuel fu introdotto all’università dal cognato Benzelius, dove ben presto si distinse. Era in grado di scrivere in latino, in seguito imparò l’inglese, l’olandese, il francese e l’italiano. Le sue predilezioni si indirizzarono presto verso le scienze: matematica, medicina, fisica, astronomia. Emanuel era particolarmente interessato alla tecnica. Il suo modello era l’ingegner Christopher Polhem, notevole personaggio ed autore di numerosi progetti tecnici, soprattutto navali. Il giovane Swedenborg ne divenne l’assistente. Contemporaneamente però cresceva in lui il desiderio di un viaggio di studi in Inghilterra, dove la nuova scienza stava evolvendosi più velocemente che in Svezia. Li insegnavano personalità come Jon Flamsteed, astronomo e fondatore dell’osservatorio di Greenwich, Edmond Halley, astronomo noto per i suoi calcoli relativi ai movimenti ed ai percorsi delle comete e Sir Issak Newton, fisico e matematico di fama mondiale.

In Inghilterra, c’erano osservatori, laboratori, attrezzature tecniche e soprattutto la Royal Society che, sotto il patrocinio della corona, riuniva i rappresentanti delle scienze moderne. Benzelius aiutò molto il giovane cognato a realizzare questo viaggio. Appena stabilito a Londra, Emanuel cercò di entrare in contatto con i grandi della scienza del tempo, cosa che gli riuscì, grazie allo zelo che dimostrava ed alle capacità che tutti gli riconoscevano.

Emanuel trascorse cinque anni all’estero, si recò a Parigi, ove fu accolto con grande rispetto all’Accadémie Royale, visse e studiò per un certo periodo in Olanda. Aveva soggiornato nelle capitali della scienza moderna, ne aveva conosciuto personalmente e frequentato i massimi rappresentanti, aveva appreso le più importanti lingue europee e le tecniche necessarie per proseguire nei suoi studi e conosceva il livello degli studi scientifici del suo tempo, quando decise nell’estate del 1714 di tornare in patria, portando con sè un ricco bottino: disegni e progetti per invenzioni meccaniche, destinati a segnare l’inizio della sua attività in Svezia. Si trattava di invenzioni tecniche come pompe, chiuse, forni, gru, strumenti per le miniere e per la navigazione interna.

A quel tempo le macchine che oggi risultano ovvie non esistevano, la tecnica era tutta da inventare e richiedeva fantasia, doti artigianali e conoscenze scientifiche. Le grandi opere della tecnica moderna, come per esempio l’automobile, l’aereo, i mezzi per esplorare lo spazio, occupavano le menti fin dall’inizio dell’evoluzione tecnica e già Leonardo se ne era occupato molto. Anche Emanuel aveva ben presente le necessità del suo tempo e progettò un’infinità di cose, tra cui nuove tecniche di costruzione per navi, un sottomarino, pompe ad aria e addirittura una "macchina volante", che suscitò molto interesse.

A 56 anni, nel 1744 Swedenborg era quello che si dice "un uomo arrivato". Aveva raggiunto il culmine della carriera scientifica, era universalmente stimato, in stretto rapporto con la Corte Svedese ed i maggiori letterati, filosofi e scienziati d’Europa. Era membro della Camera dei Nobili, conosceva otto lingue, aveva raggiunto la sicurezza economica e sociale.

Ma dopo 40 anni dedicati pienamente alla scienza, si manifestarono in lui i primi segni di un cambiamento radicale dei suoi orizzonti mentali. La causa di ciò erano i suoi sogni, quelli di cui ci ha lasciato testimonianza nel suo diario. Emanuel ne riconobbe il carattere particolare e tentò di interpretarli. Erano sogni che gli portavano messaggi e simbolicamente gli preannunciavano nuovi cammini di vita. I sogni divennero la fonte del suo lavoro scientifico, espressione delle sue intuizioni. In questo primo periodo della sua metamorfosi affiorano in lui le prime visioni, una sorta di illuminazione interiore, immagini di esseri e di luoghi straordinari invisibili per l’occhio fisico. Ovvio che sogni e visioni producano in Emanuel conflitti interiori, egli é uno scienziato dedito alla ricerca empirica ed all’osservazione attenta dei fenomeni naturali. La sua trasformazione non può che turbarlo. Per uno scienziato del suo rango, il rischio di esser ritenuto pazzo e di venir ridicolizzato è quanto di peggio gli possa accadere. Tuttavia accetta la sua nuova situazione di vita, e nel tempo, sogni, illuminazioni ed intuizioni diventano sempre più ricchi, ampli, completi e lo coinvolgono sempre più. È la rinascita del mondo della sua infanzia, a lungo rimosso dalla sua coscienza. Il "caso Swedenborg" fece discutere molto, in molti lo criticarono, tra i quali alcuni teologi. Lo accusarono di eresia perchè non riuscivano ad accettare la realtà del suo "contatto con l’altra dimensione".

Le visioni che lo accompagnarono fino alla morte avvenivano nel seguente modo:egli non perdeva mai lo stato di coscienza vigile, non cadeva nè in trance nè in estasi, era in pieno possesso della sua consapevolezza. Era quindi contemporaneamente cittadino della terra e del cielo, ed aveva rapporti sia con gli uomini che con gli esseri invisibili della sua interiorità, che egli definì ANGELI. Vedeva al tempo stesso il visibile e l’invisibile. Il più delle volte le sue visioni avvenivano in stato di veglia, ad occhi aperti, altre volte ad occhi chiusi, in uno stato tra veglia e sonno, oppure nei sogni. Solo in questi ultimi due casi la coscienza diurna era offuscata. Swedenborg godette sempre di ottima salute ed a 84 anni, età in cui morì, era ancora agile e svelto come un giovanotto.

Ma veniamo alle sue esperienze.

Racconta Emanuel:

Ho visto mille volte che gli angeli hanno forma umana e mi sono intrattenuto con loro come l’uomo si intrattiene con l’uomo, a volte con uno solo, a volte con più di uno, e non ho visto nulla in loro che differisse dall’uomo quanto alla forma. Affinchè non si potesse dire che si trattava di illusione, mi è stato concesso di vederli in pieno stato di veglia, mentre ero padrone di tutti i miei sensi ed in uno stato di limpida percezione. Spesso ho loro raccontato che nel nostro mondo gli uomini sono immersi nella più grande ignoranza per quello che riguarda gli angeli, che immaginano senza forma, come se fossero dei soffi eterei. Di conseguenza, non attribuendo loro nulla di ciò che ha l’uomo, eccetto la facoltà di pensare, credono che essi non vedano non avendo occhi, che non sentano non avendo orecchie, che non parlino non avendo bocca. Gli angeli mi dissero che sapevano bene che un gran numero di uomini sulla terra aveva quest’opinione, soprattutto, gli eruditi, cosa che li sorprendeva. Ma ne spiegarono tuttavia la ragione. Gli eruditi furono i primi a formulare una tale idea sugli angeli. Essi, così facendo, non erano guidati dalla "luce interiore", bensì solo dai sensi esteriori che consentono di capire le cose che sono di natura visibile, ma non quelle che sono di natura invisibile. Costoro hanno estinto con l’erudizione l’intuizione che viene "dal cielo" e non concepiscono nulla che non sia per loro concretamente visibile. Gli angeli mi hanno detto che al contrario i semplici di cuore non hanno tale idea e sanno che gli angeli sono "UOMINI DEL CIELO". Essi, i non eruditi, li possono vedere, perchè il cielo è in loro. Tutto dipende dallo stato della nostra interiorità. Le distanze che noi percorriamo sono le distanze del mondo naturale e visibile. In ognuno di noi vi è una dimensione, dove non esistono più nè le distanze nè la misura del tempo. L’uomo non può vedere gli angeli con gli occhi del suo corpo materiale, in quanto il simile vede il suo simile in base alle leggi della similitudine. Del resto l’occhio, l’organo della vista, è così grossolano che non riesce a vedere neppure le piccole componenti della natura senza l’aiuto di strumenti ottici. È vero che in alcuni casi gli angeli sono stati visti dagli uomini, così come un uomo vede un altro uomo, perchè in particolari circostanze essi possono assumere la forma dell’uomo naturale, materiale.

Poichè gli angeli sono uomini del cielo e vivono tra loro como gli uomini della terra, hanno anche delle vesti e dei domicili. Rispecchiati in me, ho visto dei palazzi in cielo così magnifici, che difficilmente possono essere descritti. In alto brillavano come se fossero stati di oro puro, in basso sembravano fatti di pietre preziose. Uno era più splendido dell’altro, dentro come fuori.

Gli appartamenti erano decorati in una maniera che non trovo parole per descriverli. Immaginiamo delle bianche pareti cosparse di polvere d’oro, dei pavimenti ricoperti da soffici petali incastonati gli uni negli altri. Alcuni palazzi erano circondati da giardini dove tutto era risplendente ed in certi punti le foglie sembravano d’argento. I frutti erano grandi e lucenti, i fiori dalle molteplici forme avevano nel loro insieme i colori dell’arcobaleno. I monumenti architettonici del cielo sono tali che si potrebbe dire che l’arte ha raggiunto in essi la loro perfezione.

Quanto di più bello l’uomo artista può creare, è un riflesso terreno di ciò che è nei cieli, e lo è anche la nostra bella natura.

Gli angeli non vivono tutti nello stesso splendore. Lo splendore che li circonda corrisponde al loro splendore interiore. Mi è stato detto che gli angeli degli inferi vivono nell’oscurità, perchè la loro interiorità richiama ciò. Ma a nessun angelo, a nessun uomo del cielo e della terra è impedita l’evoluzione che condurra al bene, alla bellezza ed alla luminosità.

Gli angeli hanno anche un loro linguaggio che è molto diverso dal nostro. Essi possono esprimere in un minuto quello che gli uomini non possono esprimere in mezz’ora, e con poche parole rappresentano ciò che è stato scritto in molte pagine. Di questo ho avuto più volte esperienza diretta. Il linguaggio degli angeli è come

un’onda leggera o un’atmosfera che si diffonde da ogni lato. In quest’onda sono comprese innumerevoli cose che entrano nel pensiero altrui e lo influenzano. Gli angeli che parlano con l’uomo non usano la loro lingua ma quella dell’uomo. L’angelo infatti, quando parla all’uomo, si rivolge a lui e a lui si congiunge, al punto che entra nella sua memoria e quindi anche nel suo modo di pensare e di esprimersi. Ne risulta che il linguaggio umano diviene proprio anche degli angeli.

Il linguaggio degli angeli è sentito dall’uomo in maniera sonora, però soltanto da lui stesso e non da coloro che sono presenti, perchè prima influisce sul suo pensiero e poi, attraverso il cammino interiore, sull’organo dell’udito.

Invece il linguaggio dell’uomo con l’uomo influisce prima nell’aria e per un cammino esterno giunge all’organo dell’udito. Coloro che parlano con gli angeli vedono anche le cose che sono nel cielo.

I nostri più lontani antenati ebbero una tale unione con gli angeli ed i loro tempi gloriosi furono chiamati "Età dell’Oro". Allora, il cielo ed il mondo erano una cosa sola e gli uomini e gli angeli si parlavano reciprocamente. gli angeli furono visti da molti profeti, da Abramo, da Loth, da Elia e da Eliseo.

Ed egli chiese:" Signore, apri i miei occhi affinché io veda." Ed il signore lo ascoltò, ed Eliseo vide. Ecco, il monte era pieno di cavalli e di carri di fuoco provenienti dai cieli.

Torna agli speciali


CUSI - Centro Ufologico della Svizzera Italiana