Marte, il pianeta rosso

Fonte: La Rete - aperiodico telematico realizzato in proprio senza fine di lucro dalla Segreteria Generale del CUN

Marte sarà la meta preferita delle future esplorazioni spaziali umane, la NASA rivolge il proprio interesse verso questo pianeta che potrebbe forse aiutarci a capire come si sia sviluppato ed evoluto il nostro pianeta Terra. Per questo motivo vi presentiamo una serie di notizie d'archivio riguardanti proprio il nostro famoso vicino planetario.

MISSION TO MARS

E' arrivato in Italia il film 'Mission to Mars'. Vediamo cosa scrive al riguardo sul Corriere della sera del 13-5-00 Giovanni Caprara (che del pianeta rosso e' un esperto e che e' scettico sulla faccia marziana): "De Palma va su Marte ma senza passione - Da quando l'astronomo Schiaparelli nella seconda meta' dell'Ottocento scopriva dall'Osservatorio milanese di Brera i 'canali' su Marte, la scienza e la fantascienza si sono rincorse nell'immaginare l'esplorazione e la vita sul pianeta. Per entrambe e' sempre stata un'impresa difficile. Anche Brian De Palma con il film Mission to Mars ha tentato la conquista convinto che le idee della tecnologia e le fughe della fantasia potessero fondersi mirabilmente come era accaduto trent'anni fa con 2001 Odissea nello spazio. Per questo ha frequentato le stanze della NASA leggendo il rapporto che delinea la prima spedizione umana come gli ingegneri l'hanno finora disegnata, e due astronauti, Story Musgrave e Joseph P. Allen, lo hanno aiutato per rendere piu' vera la sua Mission. Il risultato e' quasi documentaristico: il veicolo per lo sbarco e' quello che costruirebbe oggi la NASA se decidesse di compiere il balzo verso il Pianeta Rosso. Altrettanto l'astronave per il viaggio o la Rover con la quale l'equipaggio si sposta sulle lande desolate. E pure il robottino-esploratore e' quasi la copia del famoso Sojourner che nel luglio 1997 correva solitario nell'Ares Vallis. Fu proprio il successo della fortunata missione di tre anni fa, condivisa in diretta da mezzo mondo grazie a Internet, a far scoppiare la febbre marziana a Hollywood. Nei prossimi mesi arrivera' infatti Red Planet della Warner Bros mentre James Cameron ha preparato una serie televisiva per la FoxTv piu' un documentario per i cinema dotati del sistema tridimensionale Imax. A far salire la febbre avrebbe dovuto pensare, involontariamente, la NASA con le sue periodiche spedizioni, che invece hanno subito una battuta d'arresto dopo gli ultimi fallimenti. Ma il pur apprezzabile verismo spaziale di De Palma, addirittura rigoroso in alcuni momenti, non ha acceso questa volta l'invenzione della fantascienza. Alle spalle mancano le idee di un Arthur C. Clarke e tantomeno esistono le suggestioni delle grandi vele che Ray Bradbury aveva fatto volare nelle malinconiche atmosfere delle sue Cronache marziane. Giovanni Caprara".

I MARZIANI PER LA SCIENZA

Cadute diverse mitologie sulle presunte strutture marziane e rimessa violentemente in discussione la natura aliena dei batteri trovati nel meteorite Alh, le speranze di trovare forme di vita extraterrestre - passate o presenti - sul pianeta sono pari a zero. Per la scienza ufficiale i marziani non esistono. La conferma la si ha dalle missioni ricognitive Mariner, Viking, Mars Pathfinder e Global Surveyor. Gli scienziati piu' possibilisti contemplano la possibilita' che sul pianeta rosso potesse esservi la vita, a livello primordiale, batterico, miliardi di anni fa. Attualmente, e su questo punto tutti gli scienziati sono concordi, su Marte non esiste vita intelligente o umanoide. Al massimo, fa eco qualche esperto di bioastronomia, possiamo supporre siano sopravvissuti virus o vermi marziani nel sottosuolo del pianeta.
Per contro, agli inizi del secolo, quando ancora del pianeta rosso non si sapeva molto e diversi scienziati caddero nell'inganno dei canali marziani, ritenuti costruzioni artificiali, erano molti gli astronomi pronti a giurare che lassu' qualcuno vi fosse. Oggi, scrive il giornalista scientifico Edward Ashpole nel libro 'Seti' (Geo edizioni), "sappiamo che la civilta' delle intelligenze extraterrestri non e' necessariamente limitata a sistemi planetari con pianeti 'blu' come la Terra, dove la vita si evolve per miliardi di anni. Una specie tecnologicamente progredita potrebbe colonizzare il proprio sistema planetario, ma e' praticamente da escludere che oltrepassi tale confine. I pianeti con forme di vita evolute dovrebbero avere una massa simile a quella della Terra, e un'orbita relativamente ravvicinata, che Marte non ha. Contrariamente, non vi potrebbe essere una forma di vita continua, anche se su alcuni pianeti la vita puo' essersi sviluppata milioni di anni fa. Puo' darsi che Marte ci chiarirebbe questo ultimo punto semmai un giorno trovassimo, nelle rocce sedimentarie sul suo suolo, dei fossili che risalgono a tre miliardi di anni fa. Certo, sappiamo che molti microrganismi sulla Terra sono incredibilmente tenaci e in grado di prosperare in ambienti che ucciderebbero all'istante altre forme di vita. Potrebbero essere stati persino piu' tenaci su Marte, e in tal caso e' possibile che alcuni di questi sopravvivano ancora in habitat molto ristretti. Ma cio' sembra improbabile. Al massimo su Marte possiamo trovare fossili microbiologici, di sicuro non vita umana. Su Marte non e' stato rinvenuto nessun tipo di molecola organica. Inoltre, l'intensa radiazione ultravioletta distrugge le molecole organiche sulla superficie marziana, poiche' la sua atmosfera rarefatta non le protegge. La pressione atmosferica e' cosi' bassa che il calore fa evaporare i sottili strati di ghiaccio. Ma non dobbiamo escludere a priori la possibilita' di trovare vita su Marte, anche se tale vita si e' estinta milioni di anni fa".

VITA SOTTERRANEA

Il professor Elio Sindoni, ordinario di fisica all'Universita' statale di Milano, ha scritto nel volume "Esistono gli extraterrestri?" (Il Saggiatore): "Marte e' l'unico pianeta nel sistema solare che potrebbe avere, oltre alla Terra, condizioni adatte per la nascita della vita. I principali pianeti o satelliti su cui si puo' essere sviluppata o potra' svilupparsi la vita nel nostro sistema solare sono il pianeta Marte, il satellite di Giove, Europa, e il satellite di Saturno, Titano. Su Marte sono stati scritti fiumi di pagine di fantascienza, specialmente da quando, nel 1877, trovandosi il pianeta molto prossimo alla
Terra, in uno dei periodici avvicinamenti, Giovanni Schiaparelli (1835-1910), direttore dell'Osservatorio astronomico di Milano, ha individuato una fitta rete di canali, collegati da macchie scure, che egli interpreto' come mari. In seguito, Schiaparelli osservo' che questi canali sembravano sdoppiarsi in certi periodi dell'anno marziano. Si penso' subito a grandi lavori di ingegneria intrapresi da esseri dotati di intelligenza. La prima smentita si deve all'astronomo francese di origine turca Eugene Marie Antoniadi (1870-1944) che, disponendo all'Osservatorio astronomico di Meudon di un telescopio molto piu' potente do quello di Milano, scopri' non trattarsi di canali di forma regolare, bensi' di canyon naturali...Qualche mistero c'e' ancora. Lo scopo delle sonde Viking non era certo di far visita ai marziani, che ormai restano confinati in qualche vecchio libro di fantascienza, bensi' di saggiare il suolo del pianeta per vedere se contenesse composti che potessero essere indice di qualche forma di vita. I campioni non hanno mostrato presenza di vita biologica, ma tracce che fanno pensare a fiumi prosciugati. Si e' quindi ventilata l'ipotesi che l'acqua si sia rifugiata nel sottosuolo. La forma particolare di alcuni crateri vulcanici, che puo' essere il risultato di un'emissione di ghiaccio misto a roccia dal sottosuolo e della sua solidificazione in superficie, conferma l'ipotesi. C'e' il sospetto che qualche forma di vita possa celarsi in strati piu' interni del pianeta".

TELECAMERE SU MARTE

Le missioni Viking presero il via da Cape Canaveral, in Florida, quando un razzo Titan-Centaur lancio' nello spazio il Viking 1 il 20 agosto 1975. Il Viking 2 segui' il 9 settembre. Entrambe le sonde erano identiche e ciascuna era composta da due meta': una parte orbitante con macchine fotografiche e altri strumenti per analizzare il pianeta dall'alto e un modulo di atterraggio, sterilizzato ed ermeticamente sigillato in un guscio per impedire la contaminazione da parte di organismi terrestri prima del lancio.
Una serie di localita' di atterraggio era stata scelta dagli scienziati in base all'indagine del Mariner 9 della superficie di Marte negli anni 1971-72. Queste localita' dovevano essere dei bassopiani, cosi' che i paracadute d'atterraggio potessero avere il massimo effetto frenante e anche perche' le temperature piu' elevate e la quantita' massima di acqua probabilmente erano riscontrabili nelle zone piu' basse.
Naturalmente c'erano delle telecamere televisive, in grado di fare la piu' semplice e positiva identificazione della vita marziana: fotografando qualunque cosa crescesse o si muovesse sulla superficie. Ma il pianeta rosso si presento' agli spettatori come un arido deserto, privo di vita.

MARTE, UN DESERTO DI SABBIA

Viking 1 e 2 atterrarono con successo su Marte nel 1976. Due sonde erano sul pianeta rosso, compiendo la prima ricerca sul campo della vita su di un altro pianeta. Un importante indizio circa la possibile esistenza di vita su Marte provenne dopo poche ore dall'atterraggio degli strumenti che analizzavano la composizione dell'atmosfera del pianeta. Oltre al 95% di diossido di carbonio, la cui presenza era gia' nota, le sonde Viking scoprirono un 2,5% di azoto nell'atmosfera di Marte; le scarse percentuali rimanenti sono composte da tracce di argon, ossigeno, monossido di carbonio e uno o due altri gas. Questa era la prima volta che l'azoto era stato identificato nell'atmosfera marziana e significava che, insieme al carbonio e all'acqua, tutti gli ingredienti di base per la vita erano stati riscontrati sul pianeta. Se si aggiunge il fatto che l'atmosfera marziana sembra essere stata piu' densa nel passato, quando i vulcani eruttavano e l'acqua scorreva, le prospettive per una biologia marziana parevano migliori che mai.
"Cosa c'era da vedere su Marte?", ha commentato l'astronomo americano Ian Ridpath. " Il modulo del Viking 1 comincio' a esaminare la zona circostante dopo pochi minuti l'atterraggio. Dopo aver trasmesso l'immagine di uno dei suoi piedi di sostegno posato dolcemente sulla superficie rocciosa, il modulo si volse all'orizzonte, a circa tre chilometri di distanza. La scena, consistente soprattutto in rocce sparse e dune sabbiose, assomigliava molto a uno dei deserti rocciosi del sud-ovest degli Stati Uniti. Le fotografie a colori provenienti dai moduli Viking confermarono che davvero Marte e' un pianeta rosso. Non solo le rocce di superficie sono rossastre, come risultato delle elevate quantita' di ossido di ferro che contengono, ma lo stesso cielo e' rosa, a causa della polvere sottile sollevata dal vento e sospesa nell'atmosfera. Eppure di vita non c'era alcun segno. Io, per primo, fui deluso di non vedere uno o due cactus punteggiare il paesaggio, insieme a un occasionale equivalente marziano del desertico albero di Giosue'. I biologi ottimisti avevano suggerito prima della missione che organismi abbastanza grandi da essere facilmente visibili con le telecamere del modulo potevano esistere sulla superficie di Marte. Questi organismi, secondo le loro speculazioni, avrebbero tratto l'acqua che era intrappolata nelle rocce oppure avrebbero sciolto il ghiaccio; perfino un sottile strato notturno di brina avrebbe certamente contenuto abbastanza acqua da sostenere un manto di muschio o di licheni su gran parte della superficie". E invece, solo deserto.

I TEST VIKING

Le sonde Viking, atterrate su Marte nel 1976, condussero diversi esperimenti per accertare, fra le altre cose, se sul pianeta esistesse una qualche forma di vita. Ciascuna delle sonde conteneva un piccolo laboratorio biologico per analizzare il suolo, raccolto da bracci campionatori guidati a distanza dalle sonde. Mettendo il suolo in incubazione in tre modi differenti ed attendendo di vedere se qualcosa nasceva, i biologi intendevano appurare la presenza di vita. Un primo esperimento, detto "dello scambio di gas", assumeva che gli organismi marziani, come quelli terrestri, avrebbero risposto all'aggiunta di acqua e di una ricca miscela di sostanze nutritive. Bisognava rilevare i mutamenti nei gas al di sopra del campione di suolo marziano alimentato con la soluzione, ribattezzata "mangime per polli".
L'esperimento ebbe esito negativo.
Due altri esperimenti andavano alla ricerca di una liberazione di un'assunzione di carbonio da parte di eventuali microrganismi marziani. Uno di questi esperimenti, detto di "liberazione marcata", alimentava un campione di suolo marziano con una soluzione nutritiva contenente del carbonio marcato radioattivamente; qualsiasi molecola di diossido di carbonio o di altri gas contenenti carbonio, liberata dal campione, sarebbe stata individuata dai contatori di radioattivita'. L'altro esperimento, quello della liberazione pirolitica, cercava prove di fotosintesi nel suolo, come ci si sarebbe dovuti aspettare se vi fossero stati presenti organismi simili alle piante. Nella fotosintesi, il carbonio viene assunto dall'atmosfera, che su Marte e’ composta soprattutto da diossido di carbonio (esistono tracce anche di monossido di carbonio). Nell'esperimento di liberazione pirolitica, i campioni del suolo venivano tenuti in incubazione in una atmosfera marziana artificiale di diossido di carbonio e di monossido di carbonio che era stata marcata con carbonio radioattivo; il suolo veniva quindi riscaldato (la pirolisi) per emettere tutto il carbonio che poteva essere stato incorporato dai microrganismi e i gas risultanti venivano nuovamente analizzati dai contatori di radioattivita'.
Anche qui i test diedero esito negativo.

IL QUARTO ESPERIMENTO

A fianco dei tre esperimenti rigorosamente biologici testati dai Viking nel 1976, sulla superficie di Marte, ve ne era un quarto, strettamente collegato, che analizzava la superficie del suolo con un apparecchio noto come spettrometro di massa a cromatografia gassosa (la sigla e' GCMS). Questo strumento riscaldava un campione di suolo marziano per farne uscire i gas, che venivano ripartiti secondo il peso per l'identificazione da parte dello spettrometro di massa. Il suo scopo era quello di rilevare qualsiasi composto, particolarmente organico, che potesse essere presente nel suolo marziano. Il test non rivelo' pero' forme di vita.

BRINE MARZIANE

All'epoca delle esplorazioni Viking, i biologi della NASA speravano di trovare su Marte dei microrganismi o della vegetazione, magari nella brina del pianeta. "Grandi organismi", ha commentato lo scienziato Ian Ridpath, "avrebbero mantenuto il calore piu' facilmente di quelli piccoli nelle temperature piu' basse. Fra le altre possibilita' fu suggerito che le piante marziane potessero avere profonde radici fino allo strato permanentemente gelato al di sotto della superficie del suolo e possedessero cupole silicee come ombrelloni per proteggersi dalla luce ultravioletta del sole. I gusci di organismi defunti, o i loro fossili, sarebbero rimasti visibili alle telecamere del modulo anche se tali forme di vita fossero scomparse. Ma, ahime', le prime fotografie non confermarono queste audaci speculazioni.
Qualche indicazione sulle dure condizioni che avrebbe dovuto sostenere qualsiasi creatura marziana venne fornita dagli strumenti meteorologici del Viking, i quali misurarono una temperatura massima dell'aria in Chryse di -29 gradi centigradi nel pomeriggio inoltrato, con un minimo di -85 all'alba, ed era l'estate marziana! Le temperature erano simili nel punto di atterraggio del Viking 2, ma con l'avvicinarsi dell'inverno in questa localita' settentrionale la temperatura cadde fino ai -123, cosi' in basso che il diossido di carbonio comincio' a formare della brina sul terreno intorno al modulo. La pressione atmosferica in entrambe le localita' era di circa 7,5 millibar, equivalente a una pressione a una altezza di circa 35 chilometri sulla Terra. In nessuna delle due localita' di atterraggio dei Viking la temperatura del suolo mai supero' gli zero gradi centigradi in alcun momento dell'anno.
Le macchine dei Viking fotografarono il sorgere e il calare del Sole ogni giorno marziano, o Sol, che dura circa 40 minuti piu' a lungo della nostra giornata di 24 ore. Il Sol 8, il modulo del Viking 1, fece uscire il suo braccio prelevatone di campioni di suolo per procurarsi il primo pugno di materiale superficiale marziano e lo inseri' nell'apparato sperimentale che aveva a bordo per l'analisi. Un esperimento non biologico era destinato ad analizzare la composizione del materiale superficiale e si riscontro' che conteneva circa un 13% di ferro, in accordo con la supposizione che il colore rosso delle rocce fosse provocato dall'ossido di ferro. Ma, inevitabilmente, la maggior parte dell'interesse si appuntava sui risultati dei tre esperimenti biologici, che diedero pero' risultati negativi".

OMBRE SU MARTE

Una misteriosa ombra lunga una ventina di chilometri veniva rilevata su Marte dalla sonda Sovietica Phobos 2 nel marzo 1989. Poco dopo aver trasmesso questa immagine, seguita da quella del satellite Phobos con accanto un lungo fascio di luce, la sonda russa perdeva il contatto con la Terra e si distruggeva. Diversi ufologi americani e sovietici, come la cosmonauta Marina Popovich, si dissero sicuri che la sonda avesse fotografato degli UFO e fosse stata in seguito distrutta dagli alieni, che sfuggono la troppa notorieta'. Di diverso parere i sovietici, sicuri che l'ombra su Marte fosse dovuta ad un difetto della lente, ed il fisico italiano Vittorio Formisano di Frascati, che ha spiegato l'ombra su Marte come effetto di un fenomeno atmosferico, la presenza di una nuvola gigantesca o di una tempesta.

I VERMI DI MARTE

Trovata infine la vita su Marte! Si'? Non proprio, e comunque aspettiamo a gioirne. Esseri viventi simili a microrganismi che vivono dai nove ai dieci chilometri di profondita' sotto la superficie terrestre resistendo a temperature elevatissime e che traggono la propria energia vitale da elementi che con l'atmosfera e la luce non hanno nulla a che spartire potrebbero vivere su Marte. Lo ha ipotizzato nel 1992 il geochimico e planetologo americano Thomas Gold, della Cornell University. Gold ha fatto notare che la composizione interna della Terra e' molto probabilmente simile a quella di altri pianeti. E come da noi esistono microrganismi di questo tipo, cosi' potrebbero vivere in altri pianeti. Secondo il professore, questi microscopici organismi potrebbero costituire l'alimentazione di uno strano verme lungo tre metri che fu trovato anni fa molto al di sotto del fondo dell'Atlantico e che si scopri' essere capace di vivere senza bisogno della luce del sole e a temperature altissime. Vermi di questo tipo potrebbero vivere forse anche su Marte.

L'INGANNO DELLA VEGETAZIONE

Per decenni i cambiamenti di stagione osservabili su Marte sono stati interpretati come il segno di una crescita e di un declino della vegetazione, a seconda delle stagioni. In questo inganno sono caduti grandi astronomi del passato, tra cui Percival Lowell fondatore del Lowell Observatory in Arizona. Una volta costruiti potenti telescopi, e a seguito delle esplorazioni spaziali da parte delle navicelle, e' stato possibile porre fine a tante leggende e discussioni. Anche se su Marte esiste acqua sotto forma di permafrost, un terreno perennemente gelato, e pure piccole quantita' di vapore acqueo che da' origine a nuvole, si sa che le calotte polari marziane sono composte principalmente da biossido di carbonio allo stato solido. Esso e' conosciuto anche con il nome di ghiaccio secco. Le variazioni di luminosita' e di dimensioni delle regioni scure non sono dovute a vegetazione, ma all'azione di intensi venti stagionali che smuovono la polvere dalla superficie, coprendo e scoprendo periodicamente queste aree con polvere brillante.

SEGNALI MARZIANI

Nell'aprile del 1909 un gruppo di radiotelegrafisti americani di Mount Wilson in California avrebbero ricevuto negli ultimi tempi dei segnali bizzarri che non appartenevano ne' all'alfabeto Morse ne' a qualsiasi altro alfabeto conosciuto e il cui significato era indecifrabile. "I segnali sono molto intensi", scriveva il giornale scientifico Electrical World, "e gli operatori suppongono che possano venire dal pianeta Marte. L'inventore elettricista Nikolas Tesla propende pero' a ritenere che si tratti di qualche poderosa installazione situata in Giappone e si propone di fare un'inchiesta in proposito". la curiosa notizia venne ripresa in tempi piu' recenti dalla Domenica del Corriere.

I MARZIANI NEI SOGNI DEGLI SCIENZIATI

L'astronomo Desiderius Papp, nel volume 'Chi vive sulle stelle?' descriveva, negli anni Venti, la vita dei marziani incatenando i lettori con racconti fantasiosi ideati pero' con molta razionalita' e con deduzioni logiche in base alle conoscenze scientifiche dell'epoca. Papp, convinto che sul pianeta rosso vi fosse vita, visti i canali di Schiaparelli, scriveva: "La sovrumana abilita' dei marziani che costruirono la rete di canali corona la grande opera con una seconda eccezionale prestazione. Batterie di macchine colossali stanno presso i campi di ghiaccio dei poli, centri di forza motorizzata, a confronto delle cui dimensioni i piu' notevoli stabilimenti industriali dell'America sembrano nani. Quanto deve essere colossale il lavoro fornito da quelle enormi macchine se esse ancora alla distanza di oltre quattromila chilometri dai poli, la' dove occorre dare acqua a piantagioni di particolare espansione, possono riempire dell'acqua fusa dei campi di ghiaccio persino canali doppi, tracciati uno accanto all'altro". Desiderius Papp, con fervida fantasia che all'epoca era considerata scienza, aveva cercato di anticipare il lavoro delle sonde scese in seguito su Marte. Le sue bizzarre teorie adesso inducono al sorriso ma, negli anni Venti, quando ancora l'informazione astronomica marziana era basata esclusivamente sulle osservazioni al telescopio, i lavori di Papp riscossero un notevole e meritato successo e le sue idee sugli abitanti di Marte influenzarono non poco la fantascienza americana, come pure, negli anni Cinquanta, l'ufologia.

I SATELLITI ARTIFICIALI

Secondo l'astronomo sovietico Iosif Shklovskij i due satelliti di Marte, Phobos e Deimos, sarebbero artificiali, opera di intelligenze extraterrestri. Questa clamorosa affermazione venne divulgata dallo studioso dai microfoni di Radio Mosca il primo maggio 1959. Lo scienziato ebbe a dire: "Stando a recentissime osservazioni, dobbiamo ammettere che con molta probabilita' Phobos e Deimos sono satelliti artificiali, messi in orbita da qualche civilta' sconosciuta che abitava su Marte due o tre miliardi di anni fa. Io sono convinto che la vita su quel pianeta si e' ormai estinta o e' rappresentata da umili organismi vegetali, sul tipo dei licheni o dei muschi. Ma due o tre miliardi di anni fa la situazione era diversa. Molti studiosi ritengono che un tempo vi fosse ossigeno su Marte, con varie estensioni marine.
Ed e' probabile che a quel tempo esistessero esseri intelligenti pervenuti ad una grande civilta'. Non voglio soffermarmi sulle espressioni di tale civilta' e nemmeno su quanto puo' essere accaduto in seguito. Ma e' certo che, in una determinata fase del loro sviluppo, gli abitanti del pianeta hanno abbandonato la sua superficie; e a questo proposito va osservato che il volo cosmico e' molto piu' agevole da Marte di quanto non lo sia dalla Terra. Il campo di attrazione di quel globo e' infatti notevolmente inferiore a quello terrestre". Secondo Shklovskij, i due satelliti marziani, le cui orbite inducevano a pensare che fossero internamente cavi, sarebbero stati manipolati a bell'apposta dagli extraterrestri.

SEGNALI RADAR DALLE CENERI DI MARTE

Nel 1990 gli astronomi scoprirono sull'equatore di Marte un'area di circa un milione di chilometri quadrati che non rifletteva i segnali radar. Sulla scia di questa curiosa scoperta si sono messi all'opera, nel 1996, alcuni ricercatori guidati da Bryan Butler, dell'Osservatorio Nazionale di Socorro, nel Nuovo Messico; il gruppo ha cosi' scoperto un'altra zona piu' piccola situata nell'emisfero meridionale di Marte caratterizzata dalle medesime proprieta'. Butler ritiene che le due regioni siano coperte da vari metri di ceneri vulcaniche che sembra possiedano la proprieta' di assorbire le onde radar.

LA NUBE MARZIANA

Nell'autunno del 1959 gli astronomi notarono su Marte uno strano fenomeno, la comparsa di un ammasso atmosferico di denso pulviscolo, materiale probabilmente derivato da erosioni di rocce nelle zone desertiche, che vagava sospinto dalle correnti attraverso varie configurazioni di canali, superando zone oscure e chiare e soffermandosi infine su una regione che sembrava rivelare allo spettroscopio la presenza di vegetali. "La nuvola", commento' il professor De Vaucouleur, "era di notevoli dimensioni e non aveva poi manifestato altri movimenti. Era rimasta immobile per una trentina di giorni. Un bel momento aveva preso a svanire, come se perdesse consistenza, e al suo posto era ricomparsa la vegetazione". Questo fenomeno innesco' molte speculazioni; vi fu chi penso' all'esistenza di nuvole gialle che si formavano e sostavano si Marte, e vi fu chi parlo' di una deflagrazione atomica.

LE MACCHIE DI MARTE

Quando infuocavano le polemiche sui mari marziani, coloro i quali asserivano che sul pianeta rosso non vi poteva essere alcuna forma di vita motivavano tali affermazioni con il fatto che tali zone fossero coperte di sali, press'a poco come avverrebbe se l'acqua evaporasse dai nostri oceani. Questi muterebbero tinta con il mutare del tasso di umidita', il che spiegherebbe i curiosi cambi di colore di certe zone del pianeta rosso. Col tempo pero' questa ipotesi e' risultata essere priva di fondamento, ed e' stata demolita dall'espandersi improvviso di altre macchie nei punti piu' impensati del pianeta.

LICHENI MARZIANI

Diversi studiosi sovietici e americani hanno cercato di spiegare il mistero delle chiazze colorate cangianti che si rilevano su Marte (i 'cosiddetti 'mari') pensando a depressioni protette dai venti e caratterizzate da un'umidita' stagionale piuttosto alta. Nei mari vi sarebbero, secondo questa ipotesi, forme di vita vegetale. Forme analoghe, seppure con altre forme, si manifesterebbero anche in quelle zone desertiche contraddistinte, come i mari, da variazioni di colore.
Il primo a lanciare questa teoria fu lo scienziato sovietico Gavrili Tichov, padre dell'astrobotanica. Molte voci si levarono contro di lui, sostenendo giustamente che le piante hanno bisogno di ossigeno per respirare e che l'atmosfera di Marte non ne contiene a sufficienza. Quest'obiezione e' stata poi risolta dal dottor Hubertus Strughold, che ha dimostrato come i licheni terrestri siano in grado di sopravvivere in ambienti con scarsissimo ossigeno. La stessa cosa poteva valere su Marte. Oggi in diversi libri astronomici si ventila la possibilita' che su Marte dei licheni e dei muschi possano esservi effettivamente. Le immagini inviate nel 1997 dal Sojourner non hanno pero' confermato questa ipotesi.

MARTE MISTERO COSMICO

"Marte", ha scritto lo studioso Peter Kolosimo, "e' tutto un mistero: le cappe polari, i canali non rappresentano che alcuni fra i molti enigmi del nostro vicino cosmico. E le strane variazioni che lo caratterizzano si specchiano in un altro ben rompicapo scientifico: quello costituito dalle vaste zone di forma tondeggiante o irregolare che spiccano, per la loro colorazione, sulle distese rossastre dei deserti. Gli astronomi li chiamano 'mari' e al tempo di Lowell e dei suoi entusiasti seguaci vi fu chi credette davvero all'esistenza di distese liquide. Le successive osservazioni, condotte con strumenti piu' perfezionati, dissolsero pero' queste fantastiche ipotesi. Oggi gli studiosi dipingono quelle zone come ampie depressioni in cui regna una temperatura sensibilmente maggiore di quella propria al resto della superficie marziana. Puo' darsi che si tratti di antichissimi fondali marini, ma di acqua non ce ne e' certo piu' traccia".

INSETTI SU MARTE

Secondo l'astrofisico Gerard Kuiper "nessuna altra forma di vita da noi conosciuta potrebbe esistere su Marte, se si esclude quella degli insetti. Essi sono in grado di sopportare condizioni ambientali per noi intollerabili".

ESPERIMENTI MARZIANI

Diversi anni fa il fisiologo statunitense Sanford M. Siegel, dell'Istituto di Ricerche Union Carbide di Eastview (New York) costrui' un simulatore di atmosfera marziana e vi chiese animali e vegetali. I risultati furono sorprendenti: semi di segale germogliarono, le cactee crebbero e le conifere verdeggiarono. "Su Marte i vegetali debbono avere risolto il problema della riproduzione secondo schemi diversi, adatti a quell'ambiente", commento' il professore, che noto' come alcuni insetti, vespe api e tarantole, sopravvissero in gran parte in quell'ambiente, pur non essendo in grado di volare - quelli alati - per l'estrema rarefazione dell'aria. Essa impediva anche la normale impollinazione. Le tarantole si mostrarono particolarmente a loro agio. Le maggiori sorprese si ebbero allorche' lo scienziato introdusse nella grossa teca delle tartarughe. Appena preso contatto con l'atmosfera marziana, queste ridussero di colpo il loro contenuto sanguigno, tanto da lasciare increduli gli osservatori. In quelle condizioni la circolazione non sarebbe dovuta compiersi. Eppure le bestiole continuavano a muoversi disinvolte, senza alcuni disturbo. "Come cio' sia potuto accadere", commento' il professore, "e' del tutto incomprensibile. Non c'e' spiegazione che regga".

LE ROCCE CANGIANTI

L'Unita' del 13 maggio 1987 scriveva: "Dal 1976, quando due sonde spaziali Viking si posarono su Marte, si escluse la presenza di una qualsiasi vita sul pianeta. Si ebbe la certezza allora che non esistevano nemmeno batteri o microrganismi. Ma a distanza di anni, confrontando le immagini di Viking registrate sul pianeta rosso e' stato notato un cambiamento di colore di alcune rocce con l'apparizione di macchie verdastre. L'esame spettrale di queste macchie ha dato risultati analoghi a quella fatta su certi licheni terrestri. Da qui, l'ipotesi fatta da due ricercatori statunitensi, Lowon e Straat, che ripropone l'esistenza di una qualche forma di vita su Marte.

SUPERMICROBO MARZIANO

Nel 1978 l'astronomo Ian Ridpath, nel suo "Messages from the stars", ipotizzava la creazione di una vita su Marte, grazie alla costruzione di colonie. "Se anche oggi la vita non esiste su Marte, potremo un giorno portarvela", commentava lo scienziato. "Gli uomini raggiungeranno Marte, sebbene questa sia un'impresa cosi' difficile e costosa che nessuno puo' dire quando cio' avverra', certamente non prima della fine del secolo. Un seminario estivo condotto all'Ames Research Center della NASA nel 1975 considero' le possibilita' di rendere Marte adatto allo stanziamento umano, cioe' di intervenire sul pianeta in modo da fornirlo di ossigeno libero, acqua e un clima tollerabile. Una tale avventurosa impresa di ingegneria planetaria potrebbe essere conseguita inseminando il pianeta con forme di vita resistenti ai raggi ultravioletti, le quali assorbirebbero l'atmosfera di diossido di carbonio producendo ossigeno. Ma occorrerebbero 100.000 anni per rendere in questo modo abitabile Marte. Un'alternativa consisterebbe nell'aumentare la temperatura di Marte elevando il suo assorbimento di luce solare. Cio' puo' essere ottenuto diminuendo il potere riflettente delle sue calotte polari, o piantandovi della vegetazione o spargendovi sopra della polvere opaca. Il calore extra assorbito come risultato di questo trattamento vaporizzerebbe le calotte polari, aumentando la densita' dell'atmosfera, sciogliendo il ghiaccio permanente sotto la superficie di Marte e producendo un ambiente abitabile. Anche in tal caso, pero', il nuovo clima non diverrebbe stabile se non fra 10.000-100.000 anni. Potremmo ridurre questi tempi ottenendo, mediante bioingegneria, un super-microbo capace di un tasso di fotosintesi assai elevato e sarebbe possibile fare giungere artificialmente piu' calore alle calotte polari per aumentare il loro ritmo di evaporazione". "Ma tutto cio'", proseguiva lo scienziato, "e' assai lontano nel futuro. Nel frattempo, volgiamoci a mete piu' prontamente raggiungibili".

CREANDO LA VITA SU MARTE

Due scienziati moscoviti si sono detti convinti del fatto che se su Marte non vi sia vita, la si possa comunque creare. Mark Nusinov e Serghiei Lyssenko, biologi dell'Accademia delle scienze, hanno dichiarato nel 1994 di stare studiando da anni ad un progetto che prevede l'invio su Marte di microrganismi terrestri, batteri in grado di sopravvivere in assenza d'aria, che si nutrono di minerali e ghiaccio e che potrebbero trasformare l'arido deserto marziano in un habitat vitale. Dieci milioni di tonnellate di microrganismi terrestri, sostengono i due scienziati, sarebbero in grado in duecento anni di creare un'atmosfera sul pianeta rosso.

MARZIANI IN PROVETTA

La NASA creera' i marziani in provetta, sulla Terra, e poi li spedira' sul pianeta rosso per trasformarlo e renderlo piu' ospitale per l'uomo. A rivelare l'esistenza di questi studi in corso e' stato il biologo Robert Haynes, dell'Universita' York di Toronto e collaboratore dell'ente spaziale americano, nel luglio del 1988. Secondo Haynes la NASA starebbe manipolando microbi e minuscoli vegetali fabbricati su misura con l'ingegneria genetica, in modo che essi possano colonizzare Marte innescando quella serie di principi evolutivi che portano allo sviluppo della vita.

LA COLONIZZAZIONE DI MARTE

Secondo lo scienziato sovietico Iosif Shklovskij navi cosmiche percorrono il nostro universo visibile; all'interno di esse vi sarebbero degli esseri che vivono artificialmente e che sarebbero stati programmati per lunghissimi viaggi cosmici da una civilta' extraterrestre, piu' progredita di noi di miliardi di anni. Questi visitatori spaziali avrebbero in tempi remotissimi colonizzato Marte, sul quale, a detta di Shklovskij, milioni di anni fa vi erano oceani e molto ossigeno. Ma quando acqua e ossigeno erano venuti a mancare, i colonizzatori di Marte erano stati costretti a cercare altri lidi, espatriando forse sulla Terra. I colonizzatori avevano anche 'catturato' i satelliti cavi di Marte, manipolandoli affinche' restassero nell'orbita del pianeta. Al riguardo rimase celebre un'affermazione dello scienziato, che avrebbe dichiarato: "I satelliti di Marte sono artificiali?".

ATOMICHE SU MARTE

Diversi scienziati hanno sostenuto in passato di avere assistito ad esplosioni atomiche su Marte. Fu il caso del dottor Werner Sandner dell'Osservatorio di Monaco di Baviera, che avrebbe visto spuntare sulla zona tropicale di Marte, a circa trenta chilometri di altezza, una nuvola bianca a fungo, estesa per quasi 500 chilometri, che non si era mossa dal punto in cui si era formata, dissolvendosi poi lentamente nel giro di una settimana. Due anni prima questo evento un altro scienziato, il professor Saheki di Tokyo aveva presentato ad un congresso una serie di fotografie raffiguranti una nuvola analoga simile in tutto e per tutto ad una esplosione atomica, ma sul deserto marziano.

ACQUA MARZIANA

Quattro miliardi e mezzo di anni fa Marte somigliava alla Terra e fu forse popolato di vita primitiva analoga a quelle che si svilupparono sul nostro pianeta. Cosi' commentava il Corriere della Sera del 18 maggio 1988, nel recensire un congresso americano cui avevano partecipato il planetologo Steve Squyers, della Cornell University e Susan Postawko, dell'Universita' delle Hawai. Secondo il primo "tutto sembra indicare che all'indomani della loro formazione, Marte e Terra erano molto simili e che le condizioni che consentirono la nascita della vita sul nostro pianeta possono essere esistite anche sul pianeta rosso". Secondo la Postawko, "la gran parte degli scienziati concordano ormai nell'affermare che Marte fu un tempo ricco di corsi d'acqua".

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