Marte - Come è oggi

Rocce, polvere, vulcani spenti, valli incise da corsi d'acqua in un lontano passato: ecco come si presenta la superficie del pianeta

Fotografie: Foto1 (65 kb)

Lo scenario marziano è piuttosto desolante: rocce, polvere, vulcani spenti, letti di fiumi morti da secoli e secoli. Il 30% della superficie dell'emisfero settentrionale è occupato da distese pianeggianti piuttosto basse mentre l'emisfero meridionale si distingue soprattutto per crateri ed altipiani. Su Marte non ci sono montagne, perché il processo di raffreddamento è avvenuto molto rapidamente, prima cioè che la roccia fusa sotterranea potesse spingere verso l'alto la crosta e formare le catene montuose. Marte infatti non può contare su alcuna fonte di calore interna ed il campo magnetico si è estinto da almeno due miliardi di anni. La sonda spaziale Mars Global Surveyor (1997) ha scoperto comunque del magnetismo fossile disposto a "macchia di leopardo" nell'emisfero meridionale di Marte, mentre il fenomeno è quasi del tutto assente nell'emisfero settentrionale.

Le conoscenze che riguardano il suolo marziano, comunque, sono state migliorate ed ampliate grazie alla missione della sonda americana Mars Pathfinder, atterrata sul pianeta il 4 luglio 1997. In particolare sono state analizzate le composizioni di nove rocce. E le sorprese non sono mancate. Il contenuto di silicio, per esempio, di alcuni campioni è molto più elevato di quelle di certi frammenti marziani recuperati sulla Terra sotto forma di meteoriti. Tali reperti infatti sono sostanzialmente formati da briciole di rocce ignee (ardenti) e vulcaniche, relativamente povere di silicio ma ricche di ferro e magnesio. Queste rocce provengono probabilmente dalla zona più superficiale del mantello di Marte che, prima di solidificarsi, emerse in prossimità della superficie. Le meteoriti che sono piovute sulla Terra invece sono più simili ai basalti, cioè molto simili alle rocce lunari e anche terrestri. Ma le rocce prelevate dal Pathfinder non sono basalti. Se fossero vulcaniche, il contenuto di silicio li classificherebbe come andesiti, allora si sarebbero formate presumibilmente all'epoca del processo di raffreddamento del pianeta, quando cioè i gas rimasero intrappolati nella materia rocciosa per formare poi piccoli buchi nella roccia.

La loro formazione avviene quando una poltiglia basaltica si mescola alla crosta. I cristalli ricchi di ferro e magnesio si formano e vengono separati dalla poltiglia che, lasciando un residuo ricco di silicio, viene eruttata verso la superficie. Le andesiti sono state una grossa sorpresa ma non si sa da dove arrivino. Se sono rappresentative degli altipiani, allora la composizione della crosta marziana è simile a quella continentale della Terra. Questa similitudine sarebbe difficile da conciliare con la diversa storia geologica dei due pianeti. Un po' come mescolare gli ingredienti della torta margherita e ritrovarsi poi, nel forno, una bella crostata. In alternativa le rocce potrebbero rappresentare solo una piccola frazione di un abbondantissimo piano di basalto.

Ma non è tutto. Perché non tutte le rocce sono di origine vulcanica. Alcune, per esempio, sono piuttosto arrotondate, come piccoli ciottoli dalle forme tipicamente addolcite dall'erosione dell'acqua. Il Pathfinder ha trovato che alcune rocce più grandi hanno questi ciottoli al loro interno, come se fossero stati incastonati a forza durante la loro formazione. Questa unione forse è stata cementata dall'acqua. L'acqua potrebbe aver arrotondato le pietre più piccole e averle depositate in una matrice di sabbia, fango e argilla. La matrice è stata successivamente compressa, ha formato la roccia portata poi in superficie dal flusso. Dato che i conglomerati richiedono molto tempo per formarsi, se si sono formati in questo modo allora l'acqua scorreva davvero, l'atmosfera aveva la giusta pressione per mantenerla allo stato liquido e il clima era più caldo e umido di quello odierno.

Le missioni Viking hanno permesso di scandagliare in loco la tenue atmosfera marziana: essa è costituita al 95% di anidride carbonica e presenta minime tracce di argon, azoto, ozono e vapore acqueo. La pressione esercitata dall'involucro gassoso è in media di 7 millibar ma diminuisce verso i poli, dove l'anidride carbonica tende a scendere e a congelare e aumenta nella zona tropicale. Ecco perché la direzione principale dei venti è quella tropico-poli. I poli marziani cambiano con le stagioni: la calotta meridionale si riduce, durante l'estate, a una piccola regione, al contrario di ciò che accade alla regione del Polo Nord.

Il fenomeno della sublimazione dei poli, cioè il passaggio diretto da ghiaccio a gas, provoca una variazione della pressione pari al 20% ma anche spettacolari tempeste di sabbia, quando il Polo Sud è al massimo dell'insolazione.Quando Marte si trova nel punto più vicino al Sole (perielio), infatti, viene investito da una quantità di calore maggiore del 40% di quando si trova nel punto più lontano (afelio). Così le sostanze volatili rilasciate nell'atmosfera creano scompensi così forti da provocare sbalzi di pressione che innescano le tempeste di sabbia. La polvere sollevata riesce a intrappolare ulteriore calore solare e in breve tempo può raggiungere una temperatura più alta del normale. Così anche questo sbalzo di temperatura fornisce l'energia necessaria per alimentare venti sempre più violenti.

L'unica testimonianza di flussi d'acqua marziana è rappresentata dai letti asciutti che segnano la superficie di Marte. Sono queste cicatrici che per anni hanno ingannato gli astronomi, da quando Giovanni Virginio Schiaparelli disegnò nel 1877 una mappa della superficie di Marte notando delle linee scure (che chiamò canali) che vennero poi scambiate per... canali di irrigazione. L'esistenza dei marziani era così accettata che quando il 17 dicembre 1900 venne indetta a Parigi una gara per premiare con 100'000 franchi chi fosse riuscito a comunicare per primo con i marziani, venne poi sospesa perché ritenuta troppo facile.

Ma Marte è un pianeta fin troppo tranquillo: da cento milioni di anni, infatti non ci sono terremoti, eruzioni vulcaniche e tanto meno fiumi impetuosi che ne percorrono la superficie. Un trionfo di sabbia e rocce che, quasi senza eccezione, si presentano di una caratteristica colorazione rossiccia che gli hanno regalato il nome di pianeta rosso. Anche se le ultime scoperte dicono che dovremmo chiamarlo il pianeta caramello. Il reale colore della superficie di Marte è stato scoperto dopo l'analisi di 17'050 immagini provenienti dalla missione Pathfinder: non rosso, dunque, ma bruno-giallastro, simile a quello dello zucchero bruciato. Probabilmente i nostri occhi non sono in grado di percepire l'esatto colore a causa della distanza che ci separa da Marte, così il cervello elabora il colore più simile, il rosso scuro appunto. La colorazione rossastra comunque è dovuta alla presenza nel terreno di composti del ferro, Marte quindi è un pianeta arrugginito.

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