Formazione del petrolio (teoria) Il petrolio si forma sotto la superficie terrestre per decomposizione di organismi marini e di piante che crescono sui fondali oceanici, oppure, in misura minore, di organismi terrestri, poi trasportati in mare dai corsi d'acqua. I resti della decomposizione si mescolano con le sabbie finissime e con il limo del fondo del mare, in zone non caratterizzate da forti correnti, formando sedimenti ricchi di materiali organici.
Il fenomeno ebbe inizio molti milioni di anni fa, quando esisteva un'abbondante fauna marina, e continua ancora oggi. I sedimenti depositati sul fondo degli oceani, accrescendo il loro spessore e dunque il loro peso, sprofondano nel fondale marino; a mano a mano che altri sedimenti si accumulano, la pressione su quelli sottostanti aumenta considerevolmente e la temperatura si alza di diverse centinaia di gradi. Il fango e la sabbia si induriscono trasformandosi in argillite e arenaria, il carbonio precipita, le conchiglie si induriscono trasformandosi in calcare, mentre i resti degli organismi morti si trasformano in sostanze più semplici composte da carbonio e idrogeno, gli idrocarburi appunto, costituendo il petrolio greggio e il gas naturale.
Il petrolio ha densità minore dell'acqua salmastra che riempie gli interstizi dell'argillite, della sabbia e delle rocce di carbonati che costituiscono la crosta terrestre: tende dunque a risalire verso la superficie, passando dai microscopici pori dei più grossi sedimenti sovrastanti. Frequentemente il petrolio e il gas naturale incontrano uno strato di argillite impermeabile o di roccia più compatta, che impedisce la salita: rimangono dunque bloccati e danno origine a un giacimento che viene detto "trappola". Generalmente, la maggiore quantità del petrolio che si forma non incontra impedimenti, e risale lentamente verso la superficie terrestre o il fondale marino, creando giacimenti superficiali; questi giacimenti comprendono anche laghi bituminosi, e gas naturale che sbocca spontaneamente dalla superficie terrestre.
(teoria) Combustibile solido di origine vegetale. Nelle passate ere geologiche, in particolare nel Carbonifero (345-280 milioni di anni fa), gran parte della superficie terrestre era occupata da paludi in cui cresceva una vegetazione lussureggiante che comprendeva molte varietà di felci, alcune grandi come alberi. Man mano che morivano, le piante venivano sommerse dall'acqua: la materia organica dunque non si decomponeva, ma cominciava a subire un lento processo di carbonizzazione, una particolare forma di fossilizzazione consistente nella perdita graduale e continua di atomi di idrogeno e di ossigeno, con il conseguente accumulo di un'alta percentuale di carbonio. In tal modo si formarono i primi giacimenti di torba, ricoperti col passare del tempo da strati di terreno più o meno spessi. In migliaia e milioni di anni la pressione degli strati sovrastanti, i sommovimenti della crosta terrestre e, talvolta, il calore dei vulcani compressero e compattarono gli originari depositi di torba, trasformandoli progressivamente in carbone. I diversi tipi di carbon fossile vengono classificati secondo la loro età, e quindi secondo il loro contenuto percentuale di carbonio. La torba, che rappresenta il primo stadio della carbonizzazione, ha un basso contenuto di carbonio e un alto grado di umidità. Il contenuto di carbonio è maggiore nella lignite, che costituisce lo stadio immediatamente precedente il carbon fossile vero e proprio, rappresentato dal litantrace, che contiene ancor più carbonio, e che quindi ha un potere calorifico relativamente alto, e dall'antracite, che ha il massimo contenuto di carbonio e il potere calorifico maggiore. Se sottoposto a pressione e calore ulteriori, il carbon fossile può trasformarsi in grafite, che è praticamente carbonio puro. Altri componenti del carbon fossile sono alcuni idrocarburi volatili, zolfo e azoto, oltre ai minerali che residuano dalla combustione sotto forma di cenere.
Esperimento scientifico (fatto)
“Spesso si possono riconoscere pezzi d’albero nei giacimenti di lignite”, spiega un esperto di un giacimento di carbone. “Evidentemente il carbone ebbe origine da tale vegetazione in decomposizione”.
La quantità di tempo necessario per la trasformazione di tale materia organica in carbone, giacché le teorie comunemente accettate secondo cui ci sarebbero voluti milioni di anni sono in contrasto con l’accurata cronologia della Bibbia è tutt'ora combattuta. Ricordiamo che prima del diluvio universale del giorno di Noè il clima terrestre era in ogni luogo quello di una serra umida. Questa condizione esistette per migliaia di anni dopo la creazione della vita vegetale nel terzo “giorno” della creazione. Era molto adatta alla crescita di immense foreste e di fitta vegetazione e anche per la preliminare decomposizione degli alberi e delle piante quando morivano.
È degno di nota che i cambiamenti chimici e fisici necessari per formare il carbone sono il risultato della straordinaria pressione e dello straordinario calore generato da tale pressione. Il tempo non è il fattore più importante. Nell’anno che le acque del Diluvio coprirono la terra, dovette essere esercitata una straordinaria pressione su queste materie organiche decomposte. Può darsi benissimo che queste condizioni anormali avessero una parte principale nella più rapida formazione del carbone.
Gli studi scientifici confermano non solo le condizioni climatiche esistite una volta ma anche che il carbone si può formare in un tempo molto più breve di quanto si creda comunemente. Nel 1963 il Times di New York riferì che in sole sei settimane un gruppo di Australiani avevano potuto produrre carbone chimicamente indistinguibile dal carbone di lignite estratto nello stato di Victoria.
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