FORMAZIONE PETROLIO E CARBONE

LEGENDA   Sezione 1

Combustibili fossili

Sezione 2

Petrolio e geologia

Sezione 3

Formazione petrolio

Sezione 4

Esperimento

Sezione 5

Petrolio vecchio

Sezione 6

Formazione carbone

Sezione 7

Esperimento

                 

                                  

Combustibili fossili

Il petrolio e il carbone sono chiamati “combustibili fossili” perché si crede si siano formati dai residui di piante cresciute molti secoli fa. Sembra che il materiale organico delle piante sepolte, non più a contatto con l’ossigeno atmosferico che avrebbe permesso la normale decomposizione, si trasformasse in idrocarburi. La grande pressione e le temperature elevate sotto la superficie terrestre, nel corso di molti millenni, sono probabilmente i fattori essenziali che hanno contribuito alla formazione del petrolio e del carbone.

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Collocazione geologica del petrolio e sua estrazione

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Formazione del petrolio  (teoria)

Il petrolio si forma sotto la superficie terrestre per decomposizione di organismi marini e di piante che crescono sui fondali oceanici, oppure, in misura minore, di organismi terrestri, poi trasportati in mare dai corsi d'acqua. I resti della decomposizione si mescolano con le sabbie finissime e con il limo del fondo del mare, in zone non caratterizzate da forti correnti, formando sedimenti ricchi di materiali organici.

 

Il fenomeno ebbe inizio molti milioni di anni fa, quando esisteva un'abbondante fauna marina, e continua ancora oggi. I sedimenti depositati sul fondo degli oceani, accrescendo il loro spessore e dunque il loro peso, sprofondano nel fondale marino; a mano a mano che altri sedimenti si accumulano, la pressione su quelli sottostanti aumenta considerevolmente e la temperatura si alza di diverse centinaia di gradi. Il fango e la sabbia si induriscono trasformandosi in argillite e arenaria, il carbonio precipita, le conchiglie si induriscono trasformandosi in calcare, mentre i resti degli organismi morti si trasformano in sostanze più semplici composte da carbonio e idrogeno, gli idrocarburi appunto, costituendo il petrolio greggio e il gas naturale.

 

Il petrolio ha densità minore dell'acqua salmastra che riempie gli interstizi dell'argillite, della sabbia e delle rocce di carbonati che costituiscono la crosta terrestre: tende dunque a risalire verso la superficie, passando dai microscopici pori dei più grossi sedimenti sovrastanti. Frequentemente il petrolio e il gas naturale incontrano uno strato di argillite impermeabile o di roccia più compatta, che impedisce la salita: rimangono dunque bloccati e danno origine a un giacimento che viene detto "trappola". Generalmente, la maggiore quantità del petrolio che si forma non incontra impedimenti, e risale lentamente verso la superficie terrestre o il fondale marino, creando giacimenti superficiali; questi giacimenti comprendono anche laghi bituminosi, e gas naturale che sbocca spontaneamente dalla superficie terrestre.

 

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Esperimento scientifico (fatto)

 «Gli uniformisti credono che il petrolio si sia formato per un processo graduale più di 25 milioni di anni fa. Ma le grandi pressioni esistenti nei profondi pozzi petroliferi di tutto il mondo rendono questa ipotesi inverosimile. 'Queste grandissi­me pressioni richiedono che il seppellimento sia stato improv­viso. Inoltre, trattenere la forza di questa pressione per periodi più lunghi di 100.000 anni è evidentemente impossibile, dato il livello di permeabilità (capacità di permettere il passaggio dei fluidi) osservato nei serbatoi di petrolio e nelle formazioni di trappi (pesanti rocce ignee)' (Melvin Cook, Prehistory and Earth Models, pag. 43; cfr. Pagg. 233-253).

«È stato ora dimostrato sperimentalmente che il materiale cellulosico (derivato dalle piante) così come la spazzatura e il letame, può essere convertito in una buona qualità di petrolio in 20 minuti. Gli esperimenti degli scienziati dell'Ufficio delle Miniere, che hanno portato alla conversione in petrolio del le­tame delle mucche, sono stati descritti in Chemical and Engineering News, 29 maggio 1972, pag. 14. Lo stesso proces­so potrebbe essere applicato ad altri materiali cellulosici, come la corteccia degli alberi. Il letame è stato riscaldato a 716 gradi F, con una pressione da 2000 a 5000 libbre per pollice qua­dro, per 20 minuti, in presenza di monossido di carbonio e va­pore. Ne è risultato un petrolio pesante con eccellenti proprie­tà di riscaldamento. La resa è stata di circa tre bidoni di petro­lio per una tonnellata di letame. . . Protoplasma e clorofilla sono presenti negli organismi marini. Questi si decompongono completamente, così non c'è difficoltà nell'avviare la reazione, anche a temperature relativamente basse, durante la conversio­ne di questi organismi in gas e petrolio. Il calore generato dalla compressione, l'aumento della temperatura per la profondità e il calore generato dalla frizione del colpo causato dal tremendo seppellimento cataclismico e dai movimenti della terra avvenuto al tempo del diluvio, avrebbero causato l'aumento della temperatura che diede il via alla reazione esotermica (cioè ad una reazione chimica accompagnata da emissione di calore). (Duane &. Ghish, 'Petroleum in Minutes, Coal in Hours, Acts and Facts', Vol. 1, Numero 4) (John C. Whitcomb Jr, The World that Perished, pag. 124)» - (Science and the Flood, di T.H.Epp, pag. 30)

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PETROLIO VECCHIO TRE MILIARDI DI ANNI ?

"Un gruppo di geologi australiani ha compiuto una scoperta che rischia di rivoluzionare le nostre idee sulla vita terrestre poco dopo la sua origine. Essi hanno infatti trovato tracce di petrolio in arenarie (rocce derivate dalla compattazione e dalla cementazione di sedimenti sabbiosi) vecchie ben 3 miliardi di anni. Il petrolio, vale la pena ricordarlo, è originato da processi di trasformazione molecolare della materia organica derivati dall'accumulo di organismi morti e non decomposti per l'assenza di ossigeno. La scoperta diventa ancora più affascinante se si considera che le rocce più antiche conosciute risalgono a 3,8 miliardi di anni fa, mentre il fossile più vecchio è datato 3,5 miliardi di anni. Molto significativo è poi il fatto che i campioni osservati provengono da tre differenti continenti. Non si tratta quindi di un fenomeno isolato. Finora il petrolio più antico noto alla scienza proveniva da campioni antichi un miliardo e mezzo di anni, mentre i giacimenti sfruttati commercialmente sono di solito più giovani di 400 milioni di anni.

Questa scoperta non apre, vista l'esiguità dei campioni, nuovi orizzonti alla ricerca petrolifera, ma promette di fornire dati interessantissimi sulla vita terrestre in epoche remote. Fino ad ora si è creduto che la vita sulla terra o, meglio, nei mari (visto che la colonizzazione delle terre emerse è molto posteriore) a quei tempi non fosse abbastanza diffusa da lasciare accumuli consistenti per la formazione di petrolio. Questo assunto potrebbe però essere dovuto semplicemente alla scarsità di dati: infatti a causa dell'attività geologica del pianeta la maggior parte delle rocce risalenti a età molto remote è stata sottoposta, in diverse fasi e per periodi più o meno lunghi, a temperature e pressioni elevate che possono aver provocato la degradazione del petrolio. Nei casi in questione, la degradazione sembra non essere avvenuta grazie a una storia geologica "favorevole" e anche grazie alla presenza di un'altra sostanza, rinvenuta in altre inclusioni allo stato liquido e tuttora sotto analisi, che sembra aver contribuito alla conservazione del petrolio. Ora gli scienziati stanno cercando di trovare, sotto forma di veri e propri "fossili" molecolari, indicazioni sugli organismi da cui esso si sarebbe formato." - CdT 11.2.1999

Notizie simili non possono far altro che gettare confusione alla già ormai catastrofica e disordinata biblioteca scientifica. V'è da chiedersi come mai "sembra" che la storia geologica sia stata "favorevole". Noi ce lo chiediamo: che cosa significa? Vogliamo fatti non supposizioni "favorevoli" nella migliore delle ipotesi. E se l'orologio di base fosse stato azzerato sbagliato? Nessuno può smentirlo. Il Diluvio però può solo confermarlo!

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Formazione del carbon fossile (teoria)

Combustibile solido di origine vegetale. Nelle passate ere geologiche, in particolare nel Carbonifero (345-280 milioni di anni fa), gran parte della superficie terrestre era occupata da paludi in cui cresceva una vegetazione lussureggiante che comprendeva molte varietà di felci, alcune grandi come alberi. Man mano che morivano, le piante venivano sommerse dall'acqua: la materia organica dunque non si decomponeva, ma cominciava a subire un lento processo di carbonizzazione, una particolare forma di fossilizzazione consistente nella perdita graduale e continua di atomi di idrogeno e di ossigeno, con il conseguente accumulo di un'alta percentuale di carbonio. In tal modo si formarono i primi giacimenti di torba, ricoperti col passare del tempo da strati di terreno più o meno spessi. In migliaia e milioni di anni la pressione degli strati sovrastanti, i sommovimenti della crosta terrestre e, talvolta, il calore dei vulcani compressero e compattarono gli originari depositi di torba, trasformandoli progressivamente in carbone.

I diversi tipi di carbon fossile vengono classificati secondo la loro età, e quindi secondo il loro contenuto percentuale di carbonio. La torba, che rappresenta il primo stadio della carbonizzazione, ha un basso contenuto di carbonio e un alto grado di umidità. Il contenuto di carbonio è maggiore nella lignite, che costituisce lo stadio immediatamente precedente il carbon fossile vero e proprio, rappresentato dal litantrace, che contiene ancor più carbonio, e che quindi ha un potere calorifico relativamente alto, e dall'antracite, che ha il massimo contenuto di carbonio e il potere calorifico maggiore. Se sottoposto a pressione e calore ulteriori, il carbon fossile può trasformarsi in grafite, che è praticamente carbonio puro. Altri componenti del carbon fossile sono alcuni idrocarburi volatili, zolfo e azoto, oltre ai minerali che residuano dalla combustione sotto forma di cenere.

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Esperimento scientifico (fatto)

 

“Spesso si possono riconoscere pezzi d’albero nei giacimenti di lignite”, spiega un esperto di un giacimento di carbone. “Evidentemente il carbone ebbe origine da tale vegetazione in decomposizione”.

 

La quantità di tempo necessario per la trasformazione di tale materia organica in carbone, giacché le teorie comunemente accettate secondo cui ci sarebbero voluti milioni di anni sono in contrasto con l’accurata cronologia della Bibbia è tutt'ora combattuta. Ricordiamo che prima del diluvio universale del giorno di Noè il clima terrestre era in ogni luogo quello di una serra umida. Questa condizione esistette per migliaia di anni dopo la creazione della vita vegetale nel terzo “giorno” della creazione. Era molto adatta alla crescita di immense foreste e di fitta vegetazione e anche per la preliminare decomposizione degli alberi e delle piante quando morivano.

 

È degno di nota che i cambiamenti chimici e fisici necessari per formare il carbone sono il risultato della straordinaria pressione e dello straordinario calore generato da tale pressione. Il tempo non è il fattore più importante. Nell’anno che le acque del Diluvio coprirono la terra, dovette essere esercitata una straordinaria pressione su queste materie organiche decomposte. Può darsi benissimo che queste condizioni anormali avessero una parte principale nella più rapida formazione del carbone.

 

Gli studi scientifici confermano non solo le condizioni climatiche esistite una volta ma anche che il carbone si può formare in un tempo molto più breve di quanto si creda comunemente. Nel 1963 il Times di New York riferì che in sole sei settimane un gruppo di Australiani avevano potuto produrre carbone chimicamente indistinguibile dal carbone di lignite estratto nello stato di Victoria.

 

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