Questo articolo é stato pubblicato da "Scuola Ticinese", XXIII, serie III, n° 247, 2002


 

Promozione dei talenti, un'istanza democratica
Seda Dilsizian

Talento, plusdotazione, superdotazione, iperdotazione, precocità : secondo Hany (1987) esistono decine di concetti e di modelli diversi di precocità intellettiva. Si può presumere tuttavia che sulla seguente definizione della pedagogista svizzera Stamm (1999) possano convergere i consensi dalla maggior parte degli indirizzi di ricerca attuali.
Il talento è in primo luogo il potenziale di un individuo a conseguire realizzazioni straordinarie, quindi la competenza di una persona. Il talento è inoltre il prodotto dell'interazione tra potenzialità dell'individuo ed ambiente sociale.
Le lunghe e sistematiche ricerche sulla superdotazione di Stamm (1998) hanno portato alla luce un fenomeno fino a quel momento sommerso e ignorato dai piò. Chi parlava d'inconsistenza del problema ha dovuto prendere atto: il 2-3% delle scolare e degli scolari delle scuole elementari è superdotato, e, se non seguito adeguatamente può riscontrare disturbi di carattere psicofisico.
Spesso, quando si parla di superdotazione, si pensa specialmente alla velocità dell'attività intellettiva: essa è, in effetti, una caratteristica della superdotazione, ma non l'unica. Weinert (13-10-2000) cita tra gli altri la profondità di comprensione per i concetti, le regole ed i principi appresi; la capacità di codificare l'informazione in modi differenti; le ottime capacità di selezionare, paragonare, combinare informazioni nuove e quelle acquisite in precedenza, l'alto livello di astrazione dei ragionamenti; la ricchezza e spontaneità di deduzioni; la creatività .
Inoltre non sempre la velocità contraddistingue l'attività intellettiva dei superdotati: ad esempio i cosiddetti "perfezionisti" sono paradossalmente più lenti quando si tratta di produrre intellettualmente; gli "underachiever" s'impegnano poco e il rendimento si attesta frequentemente sotto la media della loro classe d'età .
Parlando di superdotazione consideriamo tutti i tipi di intelligenza in modo paritetico (Gardner 1993), tuttavia pensiamo che per alcuni tipi di talento sia più difficile far accettare l'idea che la scuola si occupi della loro promozione. Le bambine ed i bambini dotati dal punto di vista musicale e corporeo (danza, sport) vengono ampiamente incoraggiati e da alcuni ambienti anche "sponsorizzati" -talvolta fino all'eccesso: non si comprende perchè chi è invece dotato ad esempio dal punto di vista logico matematico venga sì lodato per aver raggiunto brillantemente gli obiettivi previsti per la sua classe d'età , ma venga a quel punto fermato ad attendere od aiutare i compagni.
Avviene spesso che trattando dei problemi dei superdotati ci si scontri con reazioni d'incomprensione e di rifiuto, come se si parlasse "dei problemi di chi ha troppi soldi sul conto": perchè mai la scuola dovrebbe organizzare interventi di differenziazione per 2% o 3% della popolazione scolastica che è comunque già avvantaggiato dal punto di vista intellettivo?
Stamm (1999) evidenzia cinque motivi intorno ai quali ruota il dibattito all'interno della Confederazione e all'estero:

· il motivo etico giuridico rivendica il diritto di ciascun individuo ad una formazione adeguata alle proprie capacità e aspirazioni;
· dagli ambienti imprenditoriali si richiede una promozione adeguata di talenti per assicurare qualità e rendimenti sempre crescenti della prossima generazione dirigenziale;
· il processo di sviluppo qualitativo della scuola preme per un cambiamento pedagogico orientato verso una maggiore differenziazione;
· dal punto di vista sociale si richiede alla scuola di predisporre pari opportunità di formazione per tutelare chi è in situazione di svantaggio economico e culturale;
· il motivo psicologico vede nella promozione dei talenti una misura preventiva del disagio psichico.

Quali sono le possibili spiegazioni del paradosso per cui i bambini di elevata efficienza cognitiva non sono necessariamente adattati e possono sviluppare a lungo termine pesanti disagi psichici se non opportunamente stimolati?
Molti individuano l'adattamento come un elemento fondamentale dell'intelligenza per cui un bambino intelligente non possa che essere adattato. Tuttavia, ricordiamo, già Piaget nel 1936 definiva l'adattamento come un concetto bipolare, come il risultato dell'interazione tra assimilazione (le possibilità di azione dell'individuo sul suo ambiente) e accomodamento (le pressioni dell'ambiente sull'individuo).
Se i bambini intellettualmente dotati sono poco sollecitati dal loro ambiente s'instaura uno squilibrio tra quello che essi sono potenzialmente in grado di realizzare e ciò che li sollecita. Si può instaurare un equilibrio a condizione che l'ambiente si lasci trasformare dall'individuo e non s'irrigidisca. Secondo Grubar (1997) se ciò non avviene a lungo andare si sviluppa la "learning helplessness", l'incapacità acquisita e i disagi (ad esempio stati di ansia e depressione) che ne conseguono (Seligman 1975).
Soltanto se l'ambiente fornirà ai bambini superdotati maggiori sollecitazioni ed essi saranno portati ad attivare il polo dell'accomodamento, cioè saranno guidati all'elaborazione di nuovi schemi d'azione e sarà sollecitata la loro creatività - come sottolinea Freeman (1997) - essi diventeranno adattati e il loro sviluppo cognitivo potrà procedere in modo equilibrato.
Sollecitare solo il polo assimilazione, cioè l'attivazione di schemi noti, non è fonte di progresso e di miglioramento, ma innesca un meccanismo di deprivazione evolutiva, che giunge a modificare i processi di apprendimento con conseguenze che si ripercuotono sull'intera personalità (Sansuini 1996).
Nella quotidianità scolastica è frequente per questi bambini dover ripetere inutilmente schemi già appresi e dover seguire un insegnamento dove processi mentali sono suddivisi in sequenza troppo brevi: tutto questo è fonte di stress. Doversi continuamente adattare al ritmo degli altri, attendere continuamente, non poter seguire il proprio impulso di apprendimento provoca una frustrazione paragonabile a quella di una campionessa di 100 metri piani che non sia libera di slanciarsi assecondando la sua falcata, ma che debba correre rispettando tracce predisposte ad intervalli più brevi.
Paradossalmente i bambini superdotati sono sottoposti non solo a stress da sottostimolazione, ma anche, e parallelamente, a quello da sovrastimolazione (Webb 1998). Le cause di quest'ultimo possono essere:
- il desiderio di integrarsi nel gruppo; in questo caso il bambino compirà ogni sforzo per essere "uguale agli altri" anche nel rendimento scolastico;
- le aspettative pressanti degli adulti;
- le aspettative personali troppo alte: può accadere che durante i primi anni di scuola tutto riesca facilmente e che il bambino non si debba sforzare per ottenere buoni risultati. La soglia di frustrazione in tal modo si abbassa ed alla prima difficoltà dovuta a carenza di strategie di studio nascono i problemi.
Quali comportamenti evidenziano bambini che lavorano al di sotto delle proprie possibilità ?
Le reazioni a situazioni di sottostimolazione sono individuali, tuttavia se ne possono delineare alcune più frequenti (Webb 1998, Spahn 1997).
Dopo breve tempo si riscontra un calo della motivazione, dell'applicazione, della concentrazione (specialmente in compiti di "routine" si notano molte sviste);
a volte lo scolaro compie errori di proposito; aumenta l'irritabilità , scolari annoiati si rifugiano nel mondo dei sogni.
Date le differenti modalità di socializzazione tra maschi e femmine, si notano reazioni differenziate anche in caso di stress. Infatti, dopo diverso tempo di sottostimolazione le femmine già partire dalla scuola materna si sentono tristi, colpevoli, perdono la fiducia in sè e si chiudono in se stesse.
I maschi reagiscono più frequentemente in modo aggressivo a scuola, oppure si controllano a scuola e scaricano l'aggressività sui familiari. A volte "fanno il pagliaccio" per attirare l'attenzione o disturbano in altro modo le lezioni.
Caratteristiche comuni a maschi e femmine dopo qualche tempo di sottostimolazione sono: forte demotivazione e rifiuto di applicarsi, perdita della fiducia in sè, atonia ed apatia, disturbi dell'alimentazione e del sonno, emicranie croniche e dolori addominali od altri disturbi psicosomatici; frequentemente si nota una parziale scomparsa di questi sintomi durante le vacanze scolastiche.
Dopo diversi anni di sottostimolazione i disagi si aggravano: l'apatia si accentua, il sentimento d'incapacità non può più essere superato di propria iniziativa, si creano lacune culturali in diversi campi, l'individuo s'isola, si sviluppano disturbi nevrotici e depressione che perdurano fino all'età adulta; Webb (op. cit.) riferisce inoltre casi di tentato suicidio.
E' molto diffusa l'opinione secondo la quale i bambini intellettualmente dotati mostrino un'immaturità dal punto di vista emotivo. Studi recenti (Stapf 1988) chiariscono come in questo caso si confondano le cause con le conseguenze.
Un bambino sottoposto allo stress di cui sopra tende a reagire in modo eccentrico.
Si tende erroneamente a spiegare questi comportamenti con l'immaturità emotiva e a posticipare gli interventi differenziazione al momento in cui si risolveranno i problemi socioemotivi: il bambino entra così in un circolo vizioso da cui diventa più difficile uscire. Secondo le conclusioni degli autori la dissincronia tra lo sviluppo cognitivo e quello socioemotivo non è più sostenibile. Anche Stamm (1998) sottolinea come un grado sufficiente di competenza sociale non possa e non debba essere un prerequisito per l'accesso ad interventi di differenziazione: una volta avviati questi interventi i disagi si attenuano in modo notevole. Le ricerche di Heinbokel (1996) dimostrano ad esempio come uno di questi interventi, il salto di classe abbia, con le necessarie misure di accompagnamento, un esito positivo nella maggioranza dei casi.
Un altro aspetto importante da considerare è di carattere sociale: lo svantaggio sociale e di genere. Il motivo è evidente.
Il ragazzo superdotato appartenente ad un gruppo sociale culturalmente ed economicamente privilegiato, anche quando non trova nella scuola la possibilità di sviluppare appieno le sue potenzialità fisiche o intellettuali, riesce comunque a soddisfare le sue esigenze: nell'interazione con le persone della famiglia, con conoscenti che sono fonte di stimolo per lui, nella frequenza di corsi extrascolastici, nell'uso di materiali come libri o computer che sono a sua disposizione.
Anche da un altro punto di vista i maschi appartenenti alle classi sociali superiori sono privilegiati: la consapevolezza di doversi impegnare per raggiungere quella posizione sociale ed economica che le aspettative famigliari gli costruiscono intorno è di per sè uno stimolo alla fiducia in se stessi ed al successo.
La scuola che si basa su standard d'efficienza media è sicuramente più ingiusta per i ragazzi particolarmente dotati condizionati da uno svantaggio sociale.
La famiglia, l'ambiente extrascolastico, il tempo libero li stimolano inadeguatamente se non addirittura in modo negativo. Soltanto nella scuola potrebbero mettere a frutto i loro talenti: se questi non vengono loro riconosciuti per intero e promossi, essi non serviranno più a nulla, confermando i preconcetti di chi vede un rapporto naturale tra superdotazione e classe sociale elevata.
Un discorso analogo vale per le bambine superdotate di qualsiasi ceto sociale. Esse meritano un'attenzione particolare: la natura stessa della loro socializzazione le porta a condotte più remissive e rinunciatarie, la sofferenza è espressa in modo più silente; raramente vengono riconosciute aiutate.
I bambini superdotati socialmente svantaggiati e le scolare hanno bisogno, almeno quanto chi ha difficoltà di carattere cognitivo, di una scuola a misura delle loro esigenze che sia in grado di diventare davvero una "stanza di compensazione" per quello che è loro mancato dal punto di vista dello sviluppo delle potenzialità .
La superdotazione è un fenomeno naturale, strettamente correlato con le naturali differenze individuali fisiche e psichiche: essa è distribuita nelle stesse proporzioni tra tutte le classi sociali, i sessi e le popolazioni. Ciò può essere constatato esaminando i bambini piccoli; le modificate proporzioni che si notano in età più avanzate derivano dai fortissimi condizionamenti culturali (Charlemaine e Huber in Grubar, op.cit.).
Una nuova sfida sta nel prendere atto del fenomeno, superare i pregiudizi e le paure nei confronti del diverso, che portano talvolta o a negarne la realtà o a relegarlo nell'ambito patologico, senza considerare le vere cause dei problemi.
Una rinnovata consapevolezza educativa nella scuola punterà al raggiungimento parallelo e paritetico di un buon livello d'obiettivi generali per tutti da una parte e la valorizzazione delle diversità dall'altro, abbandonando il timore di rendere merito anche alle differenze individuali rivolte verso l'alto.
Si tratterà di ripensare l'atteggiamento educativo che

dovrà puntare sull'attivazione delle risorse, invece che sul lavoro rivolto al deficit,

definirà obiettivi di base che dovranno essere raggiunti da tutti e potranno essere superati da molti;

non limiterà la produttività verso l'alto;nella valutazione terrà conto delle potenzialità dell'individuo e non della media della classe (Grossenbacher 1999).


In ambito specialistico si sono ormai acquisite le capacità per valutare le esperienze di promozione dei talenti svolte nell'ultimo decennio nella Confederazione ed all'estero e per adattarle alle nostre esigenze.
Abbiamo a disposizione strumenti di ormai provata efficacia per promuovere i talenti, tutti i talenti: ad esempio mediante seminari di sole sei ore è possibile informare correttamente gli insegnanti sugli aspetti teorici salienti della superdotazione e specialmente fornire loro strumenti concreti per la differenziazione pedagogica e didattica (indicazioni per l'identificazione, indicazioni per la creazione del portfolio personale, criteri e modalità per la produzione e/o la valutazione di progetti di arricchimento, compiti e problemi già sperimentati con successo per l'arricchimento, orientamenti sperimentati per interventi d'accelerazione, modalità per sviluppare la propria creatività e quella degli allievi etc.).
La promozione dei talenti è compito della scuola pubblica: laddove è stata avviata e si svolge in modo equilibrato, ben integrato nell'ambiente scolastico con un attento coinvolgimento di tutte le parti essa ha dato esiti positivi, non solo per i superdotati, ma per tutti gli allievi.
Ci colpisce constatare inoltre che in alcuni casi di sperimentazione intensiva di metodi d'insegnamento pensati più che altro per ragazze e ragazzi particolarmente dotati, (la sperimentazione si svolgeva in normali classi) essi hanno consentito ad allievi di tutte le fasce il raggiungimento di livelli di sviluppo non solo genericamente migliori, ma addirittura prima assolutamente impensabili, sia sul piano cognitivo, sia dal punto di vista generale della personalità (Nespolo 1999). E' una constatazione che c'invita a riflettere.
La solida reputazione e l'ammirazione di cui l'educazione speciale ticinese gode oltralpe e all'estero ci stimola a proseguire sulla strada dello sviluppo della democrazia scolastica e della qualità della scuola pubblica che sia volta ad offrire da una parte concrete opportunità di crescita per tutti, dall'altra a riconoscere e valorizzare talenti che altrimenti andrebbero perduti per la società.

Seda Dilsizian

Bibliografia


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- Stamm, Margrith in: Begabungsförderung in der Volksschule-Umgang mit Heterogenità?t. Schweizerische Koordinationsstelle für Bildungsforschung, Aarau 1999
- Stapf, Aiga und Kurth: Kindliche Hochbegabung in entwicklungspsychologischer Sicht. In: Psychologie und Erziehung im Unterricht, 35. Jahrgang, 1988
- Webb, James: Hochbegabte Kinder, ihre Eltern, ihre Lehrer. Ein Ratgeber. Verlag Hans Huber, Bern 1998
- Weinert, Franz Emanuel: Lernen als Brücke zwischen hoher Begabung und exzellenter Leistung. Vortrag gehalten anlà?sslich der zweiten internationalen Salzburger Konferenz zu Begabungsfragen und Begabtenförderung, Salzburg, 13 Oktober 2000.