questo articolo é stato pubblicato in
Solidarietà
quindicinale, n¡2,
anno 5, gennaio 2004
email: solidarietà@bluewin.ch
Disadattamento,
selezione scolastica, democrazia degli studi.
Giovanni Galli
Premessa
La sinistra, a periodi alterni e con
fortune alterne, ha sempre cercato di sviluppare la scuola in senso
democratico. L'ineguaglianza delle chances è stato uno dei suoi cavalli di
battaglia: la richiesta di borse di studio e la riduzione delle tasse, sono
solo alcune delle misure (oramai in via di costante erosione) atte a favorire
l'accesso agli studi superiori per le classi meno abbienti.
Negli anni 60 e 70 quanto veniva denunciato
come classismo nella scuola - vale a dire una incapacità della scuola
a fungere da ridistributore delle chances di riuscita - vedeva svilupparsi
battaglie per un allargamento dell'accesso agli studi e in specie agli studi
superiori, e una critica della selezione in quanto strumento che colpiva principalmente
soggetti di estrazione socio-culturale-economica medio-bassa.
Il mio intervento odierno si basa su due osservazioni iniziali.
Primo, negli ultimi anni il dibattito
sulla selezione scolastica sembra essere praticamente scomparso dai banchi
della scuola dell'obbligo. Questo sia nelle preoccupazioni dei
legislatori, sia tra i professionisti della scuola, che tra le forze politiche.
E ciò preoccupa tanto più perchè il 15% dei quindicenni
esce dalla scuola dell'obbligo con gravi difficoltà nella lettura (PISA
2000).
Ma, secondo, negli anni recenti il
discorso sulla selezione scolastica ha cambiato pure paradigma. In verità
assistiamo alla ricollocazione della selezione nel
contesto del disadattamento. Contesto concettualmente a sua
volta più ristretto e più largo.
Più ristretto perchè dovrebbe
riguardare dimensioni quantitative e qualitative ristrette. Vale a dire pochi
allievi in una scuola.
Più largo perchè il disadattamento
in sè non è un descrittivo di una condizione precisa. Diventa
un termine generico che ne ingloba molti altri relativamente condivisi e circoscritti
quali: la dislessia, la disprassia, l'iperattività, l'immaturità
cognitiva, l'handicap percettivo-sensoriale, ecc … Ma pure ingloba molti
altri criteri con una costellazione molto più complessa e vaga quali:
l'handicap socio-culturale, il disadattamento e i problemi di comportamento
… Si passa dunque da una dimensione dove la valutazione concerne prevalentemente
l'individuo e il suo proprio "bagaglio personale" a una dimensione
sociale, culturale dove l'ambiente viene interpellato nelle sue forme …
ed è evidente che quando ci riferiremo a queste ultime categorie facile
diventerà abusare del proprio potere censorio e confondere le carte.
Non si tratta di negare l'esistenza di varie forme di disadattamento, nella scuola. Riposizionare i termini di disadattamento e di selezione, questo si! Cosa vuol dire? Significa che il termine di disadattamento ha permesso di occultare la realtà. Classificare tutte le forme di difficoltà a scuola come forme di disadattamento permette come per incanto l'eliminazione (temporanea) del carattere classista della scuola.
Alcuni dati
primo, gli allievi seguiti dai
servizi di sostegno pedagogico (SSP)
Cosa ci dicono le statistiche?
Ebbene ci dicono:
che nell'anno scolastico 2001/2002
complessivamente il 14,7% degli allievi delle scuole obbligatorie (scuola
dell'infanzia, elementare e medie) sono stati seguiti dai servizi di sostegno
pedagogico (rispettivamente il 6,9% nell'anno 85/86 e il 12,2 % dell'anno
1991/92).
Complessivamente questi bambini sono
così ripartiti:
|
% stranieri nella Pop.
totale |
% stranieri nella Pop. SSP |
||
|
|
|
|
|
S.I. |
|
27.5 |
|
34.4 |
S.E. |
|
28.1 |
|
40.3 |
Sme. |
|
28.8 |
|
45.7 |
Distribuzione dei bambini
secondo il livello socio-economico (1996/97)
|
Pop. Totale |
Pop. SSP |
||||
|
Basso |
Medio |
Alto |
Basso |
Medio |
Alto |
S.I. |
40.8 |
43.0 |
12.1 |
47.2 |
43.3 |
8.5 |
S.E. |
41.4 |
43.9 |
11.0 |
60.0 |
31.8 |
5.7 |
Sme. |
42.0 |
42.8 |
9.5 |
67.0 |
25.8 |
3.2 |
Da questi dati emerge come i bambini
stranieri (complessivamente il 42,5 ) e quelli appartenenti al livello
socio-culturale basso siano sovrarappresentati, nel SSP rispetto la popolazione
totale, e come il fenomeno aumenti man mano che si procede nella scolarità (il
deficit è dunque cumulativo).
Si rileva anche il numero
complessivo crescente, oggi il 14,7% degli allievi necessitano di un aiuto
"specialistico".
Da questi dati il
"disadattamento" di cui si occupa il Servizio di sostegno pedagogico
si manifesta quindi indiscutibilmente quantitativamente come problema sociale.
Non fosse così non avremmo quelle cifre (così elevate). La scuola appare oggi
incapace d'opporvisi validamente.
Secondo, il fenomeno delle
lezioni private
I dati seguenti sono speculari a
quelli precedenti. Parlano di una selezione verso l'alto. Le lezioni private
sono un fenomeno che vede impegnate le famiglie di reddito alto. così Scuola
Ticinese, n¡ 253, 2002, pag. 24, descrive questi ragazzi: "Ragazzo o
ragazza nato in CH, di lingua italiana, i cui genitori avevano una formazione
elevata ed esercitavano una professione di categoria superiore".
I dati raccolti dall'Ufficio studi e
ricerche nella primavera del 2000, ci dicono che il 13,3% degli studenti
frequentava delle lezioni private, specialmente matematica e lingue straniere.
Nell'anno scolastico 2002-2003 a Losone una inchiesta interna ha trovato che il
10,9% di studenti "è stato confrontato con le lezioni private".
Una raccolta di dati a livello
cantonale per il 2003 è in attesa di divulgazione.
E' dato per accertato che lezioni
private vengano pure prese/date a bimbi della scuola elementare! A questo
riguardo nessun dato preciso viene dato.
Una galassia sommersa viene poi a
peggiorare ancora più la situazione.
Si dice che molti degli
apprendimenti avvengano fuori scuola, nelle esperienze svolte nelle società
sportive, alle lezioni private di musica. Se consideriamo l'accesso alle scuole
artistiche, musicali, sportive e quant'altro di privato possa esistere vediamo
come i costi s/favoriscono ancora una volta gli sfavoriti. Basta verificare chi
frequenta le società di calcio e chi frequenta il circolo di scherma, che suona
il flauto dolce a scuola e chi osserva diligentemente l'insegnamento del
pianoforte, chi gioca con il fango e chi frequenta corsi di pittura …
Questo è pure un terreno dove i dati
mancano completamente, dove il privato è signore, e che si
preferisce tacere. Non è questa una ulteriore discriminazione sociale dove
la selezione impera?
Il 20% dei maschi e il 12% delle femmine
quindicenni in Ticino escono dalla scuola media con "competenze (che) non
sono sufficienti ad assicurare in modo indipendente sapere e conoscenze
specifiche" (Bravo chi legge).
Complessivamente il 15% dei
quindicenni esce dalla scuola con gravi difficoltà di lettura. L'età (15 anni)
è importante perchè marca la fine dell'obbligo scolastico. Dopo le scuole
medie, questi ragazzi, quali occasioni di formazione riceveranno ancora?
Questi dati si allineano con le
tendenze in CH e all'estero.
Un terzo degli allievi che hanno
terminato la scuola dell'obbligo in Svizzera non è in grado di comprendere un
testo semplice, il 20% ci riesce a mala appena, è la conclusione a cui giunge
un gruppo di lavoro chiamato ad analizzare i mediocri risultati ottenuti dalla
Confederazione nell'inchiesta internazionale Pisa 2000 (Programme for
International Student Assessment). Uno studio condotto dall'OCSE
(Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sugli abitanti
della Svizzera, in età compresa tra i 16 e i 65 anni, ha confermato questo dato
di fatto. Esso infatti ha rilevato che il 9,1% della popolazione autoctona e il
63% degli immigrati rientrano nella categoria con più gravi problemi di lettura
e scrittura.
Un fatto appare evidente: per avere
successo a scuola è meglio avere genitori svizzeri e colti.
La Svizzera, tra i paesi
dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse),
appartiene al gruppo delle nazioni dove lo status professionale dei genitori
incide maggiormente sulle prestazioni degli allievi.
Nel test Pisa i migliori risultati
sono stati ottenuti da giovani cresciuti in un ambiente propizio, dove i
genitori vantano una solida formazione culturale ed esercitano un'attività
professionale ben remunerata e di alto prestigio sociale. La metà degli allievi
figli di immigrati hanno invece riscontrato notevoli difficoltà. I problemi
tendono infatti ad acuirsi quando alla scarsa formazione del contesto familiare
si aggiungono l'insufficiente conoscenza della lingua d'insegnamento e la poca
dimestichezza con la cultura locale.
Quarto,
Nelle scuole elementari il 3,5% di
bambini ha ripetuto una classe; l'11,9 nelle scuole medie. Nel 2001/2002
complessivamente sono il 7,1% i bambinci che bocciano una classe nella scuola
dell'obbligo. Circa 60 allievi (su 11000 circa) all'anno (dato approssimativo)
escono dalla scuola media senza la licenza per abbandono o proscioglimento data
il raggiungimento dell'età dell'obbligo.
Dalla differenziazione dei programmi …
Cosa ci dicono allora questi dati? Ci dicono che
la scuola lascia intatte le differenze di classe, e anzi le aggrava. Le differenze
di classe fanno sì che la maggioranza dei figli di operai non arrivi
a diplomi di scuola superiore o che magari frequenti le scuole professionali.
Queste differenze di classe vengono a manifestarsi già ai primissimi
anni della scolarità.
I dati statistici riportati, da
quelli relativi agli allievi seguiti dai SSP a quelli sulle competenze di
uscita alla Sme, sono dei buoni indicatori della selezione scolastica.
Sono pure dei buoni indicatori della
selezione scolastica i profili dei livelli raggiunti dai ragazzi nelle materie
differenziate.
Piove sul bagnato
Cosa si intende per materie
differenziate? Ebbene si intendono quei percorsi didattici, quei materiali che
permettono agli allievi di procedere secondo il proprio ritmo e le proprie
potenzialità. Oggi nelle scuole
elementari ve ne sono diversi: dalla matematica (Dimat), all'ortografia, al
francese, alla grammatica, gli schedari che permettono quel tipo di
impostazione prendono sempre più piede.
Ebbene cosa si vede se si accosta il
profilo raggiunto dagli allievi (quante schede, quanti argomenti certificati ed
acquisiti) all'estrazione socio-economica dei genitori? Anche qua più la
scolarità procede e maggiormente i profili si vanno socialmente defilando …
dunque ancora una volta piove sul bagnato.
Un genitore dice: "va bene; la
differenziazione, questa serve alla certificazione del differente e più
lento ritmo di sviluppo di mio figlio. Ma adesso cosa si può fare e
proporre per compensare le sue debolezze?"
Per i compiti a casa succede la stessa
cosa. Sovente viene dato il compito affinchè chi non ha capito a scuola
o non ha finito termini il lavoro a casa. Ma chi può aiutarlo a casa?
Se il figlio va a casa con i compiuti e non li sa fare la maggior parte delle
volte non pu˜ chiedere aiuto. Magari gli stessi genitori hanno avuto una scolarità
precaria. I compiti sono dunque pure uno strumento che perpetua la selezione.
I compiti servono solo a chi già sa fare le cose.
La responsabilità del disadattamento
ricade sul principio dell'uguaglianza formale fra gli individui, derivato dalle
filosofie liberiste (che oggi imperano), a cui ubbidisce tutto il sistema
scolastico. Questa uguaglianza formale finisce per favorire i favoriti e per
sfavorire gli sfavoriti semplicemente ignorando nei contenuti dell'educazione,
nelle tecniche di trasmissione e nei criteri di giudizio, le diversità
socio-cognitive esistenti fra gli utenti della scuola.
La differenziazione
dell'insegnamento a cui si richiamano i nuovi programmi dovrebbe appartenere a
quest'ordine d'idee, sempre che non ci si riferisca unicamente a dei modelli di
stampo neo-behaviorista (pedagogia della padronanza classica).
Le speranze per una scuola migliore
(e più giusta?), in questi ultimi anni, sembra siano state riposte
essenzialmente in due approcci pedagogico-didattici.
Il primo consiste nelle valutazioni
di entrata degli allievi al fine di stabilire il livello delle loro competenze.
Queste valutazioni possono essere effettuate ad ogni livello scolastico per, e
qui viene la seconda impostazione, differenziare gli apprendimenti.
Non si capiscono bene le collusioni
fra gli obiettivi generosi, ideali dell'approccio differenziato delle materie e
l'interessamento per tali approcci dei fautori del liberismo e
dell'ottimizzazione delle risorse.
… alla omologazione certificata
A) Il tema delle valutazioni di entrata
si ricollega decisamente a quello della possibilità della certificazione
oggettiva degli apprendimenti. La diffusione di materiali comuni a tutto il
cantone (come per esempio quelli di mate, francese, o grammatica) permettono
un controllo capillare comune e omogeneo di tutti gli allievi. così
ad esempio una valutazione in matematica (dimat) diventa uguale da Airolo
a Chiasso perchè l'apparato di percorsi proposti è identico.
Basta guardare quante schede il ragazzo ha effettuati … é evidente
l'assoluta omogeneizzazione degli approcci e l'appiattimento su materiali
artefatti, uguali per tutti …
2) Ebbene l'esperienza della
differenziazione dei programmi ci dice che questa viene oggi, sottolineo oggi,
a consolidare la selezione scolastica.
La differenziazione si manifesta
come una organizzazione e una concezione liberale, generosa, aperta e
progressista, che permette ad ogni allievo di marciare al proprio ritmo, senza
forzarlo a fare cosa per lui in quel momento troppo lontane, difficili,
incomprensibili, senza forzare apprendimenti precoci … Ma in realtà questa
concezione vive sulle nuvole, quando dimentica che la sua applicazione è
contestualizzata. E questo contesto è storico, sociale, culturale. E questo
contesto è fatto di ineguaglianze di formazione e di censo.
Dagli strumenti agli scopi
didattici
La differenziazione oggi viene
organizzata essenzialmente con degli apparati e strumenti didattici che
consistono in percorsi progressivi di schede. Il rischio è di vedere la
pedagogia trasformata in una amministrazione burocratica di schede. I
classificatori (pieni di schede) imperano; dove sono l'esperienza, la scuola
attiva, la relazione, l'apprendimento cooperativo? Eccola la deriva
neo-comportamentista … gli strumenti didattici diventano gli scopi stessi.
In verità oggi quella generosità
finisce col favorire coloro che si conformano meglio. Questa differenziazione
non cambia nulla alle condizioni di partenza, fatte di ineguaglianze … non
necessariamente tiene conto delle reali condizioni sociali, culturali degli
allievi.
così,
paradossalmente, l'attenzione alle differenze diventa una indifferenza alle
differenze. Perchè nulla può fare per modificare i spontanei
ritmi lenti dei meno "abbienti"
…
La differenziazione
è oggi uno dei luoghi dove la selezione potrà realizzare pacificamente il
proprio destino. Non sono gli insegnanti a selezionare, non è l'istituzione a
essere cattiva - l'istituzione è neutra: certifica la situazione in maniera
oggettiva (sig!) - sono gli allievi (figli di operai, stranieri, disoccupati,
ecc ) che non ce la fanno a marciare più rapidamente. Eccola una
razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse: gli insegnanti sono
dispensati (con questo apparato) del ricupero dei ritardatari. Anzi gli permetteranno di funzionare a loro
gradimento …
Anche un maestro ben
intenzionato si sentirà (comunque) alleggerito dal compito di aiutare chi fa
fatica, perchè comunque c'è' uno schedario che aiuta l'allievo …
Ammetto che
quanto descrivo, possa essere un po' caricaturale. Specialmente non corrisponde
alle ipotesi e agli obiettivi dei fautori dei programmi differenziati (a ancora
sarebbe da verificare per tutti). Non corrisponde nemmeno alle intenzioni dei
docenti. Bisogna per˜ pure ammettere che oggi quanto succede favorisce quella
deriva così caricaturizzata dal sottoscritto. Fra aumento degli allievi per
classe, dissoluzione dei legami sociali, aumento degli oneri di lavoro,
conflittualità crescente, una cosa è professare delle idee un altra è
modificare la realtà.
Post scriptum
Che sia chiaro: non è il principio della
differenziazione a venire messo in discussione è la sua pratica concreta
odierna. Le critiche (silenziose!) che alcuni docenti delle scuole medie
formulano ai metodi differenziati denunciano la totale dipendenza dallo
strumento (specie per la matematica) che nella sua realtà si rivela essere
molto rigido. Senza quello, per intenderci, molti allievi non sanno più cosa
fare.
La seconda
osservazione riguarda una supposta diminuzione complessiva del livello di
preparazione. Queste sono osservazioni che il dipartimento dovrebbe verificare
attraverso una ricerca specifica.
Ci sono
degli investimenti di tipo strutturale affinchè le pedagogie possano realizzare
i loro generosi intenti.
1) Intanto bisogna
conoscere bene le cose e chiamarle con i loro nomi.
2) Migliorare l'accesso
alle lezioni private per i ceti bassi. Altro che finanziare pubblicamente le
scuole private. La marcia deve essere inversa. Bisogna rendere pubbliche le
molte (troppo offerte private) affinchè l'accesso alle attività sportive,
artistiche, culturali del "tempo libero" siano parificate!
3) Bisogna intervenire
sulla composizione delle classi riducendo il numero degli allievi.
4) Visto e considerato
che molto di quanto succede esula dalle possibilità della scuola di intervenire
come regolatore delle ineguaglianze, si devono trovare soluzioni che possano
aiutare i ragazzi, stimolandoli, arricchendoli fuori dalle mura scolastiche.
5) così la
differenziazione pu˜ diventare un approccio utile anche all'allievo e non solo
per l'istituzione che vede cosi meglio organizzato il proprio lavoro. Questo
significa per˜ che la differenziazione non pu˜ accontentarsi di schermarsi
dietro approcci quantitativi realizzati sotto forma di classificatori da
riempire. Deve gioco forza stimolare il piano dell'esperienza favorendo
approcci decisamente più attivi.
Giovanni
Galli, Brissago, febbraio 2004
indirizzo dell'autore
Giovanni Galli,
psicologo specializzato in psicologia dell'infanzia FSP, psico-pedagogista,
Brissago, Svizzera
email: ggalli@ticino.edu