lessico di pedagogia

 

Bologna (processo di). Nico Hirtt


Di solito si fa rimontare la storia del processo di Bologna, al 25 maggio 1998, quando i ministri dell'educazione di Francia, Italia, Germania e Regno Unito hanno firmato a Parigi la «Dichiarazione della Sorbona». Essi sostenevano un progetto d’armonizzazione dell'architettura dell'istruzione superiore europea. Appena un anno dopo, il 19 giugno 1999, 30 ministri dell'istruzione superiore di 29 paesi europei si incontravano a Bologna e impegnavano effettivamente le università dei loro paesi un «processo d’integrazione» all'interno di uno «spazio europeo dell'istruzione superiore».
Mai una decisione di questa portata, così cruciale per il futuro della formazione, era stata presa con tanta fretta. Qualificandola eufemisticamente quale processo, i suoi fautori ne sostenevano il carattere "inevitabile": la politica decisa assumeva la veste di una Natura in irreversibile evoluzione, o di un cambiamento di ambiente ecologico per l'istruzione senza una direzione ideologica. L’8 febbraio 2006, in una conferenza sulla riforma dell'istruzione superiore in Mali, il ministro Mamadou Lamine Traoré dichiarava: «Con la diffusione del processo di Bologna in Europa [...] l'introduzione della riforma nei paesi della nostra sotto-regione, diventa inevitabile» (L’Essor, 9 febbraio, 2006).

La più visibile e più nota disposizione del processo di Bologna è l'armonizzazione dei corsi universitari in due cicli: il primo, di almeno tre anni (chiamati «Bachelier» in Belgio, «License» in Francia), deve fornire un accesso diretto al mercato del lavoro; il secondo ciclo conduce al titolo di «Master» (o «Mastaire») e/o «dottorato». D'altra parte, Bologna standardizza i metodi di certificazione con l'introduzione del «supplemento europeo al diploma» e generalizzando il «sistema europeo di trasferimento di crediti» (ECTS), una sorta di certificato di abilitazione modulare e transnazionale, riconosciuto da tutte le università europee. In terzo luogo, Bologna, prevede l'abolizione di tutte le barriere amministrative che impediscono la libera circolazione di studenti, professori e ricercatori. Infine, il processo prevede l'applicazione di standard e metodologie comuni per il controllo della qualità dell'istruzione superiore.

Nel discorso dominante, Bologna appare dapprima come una garanzia di qualità ed efficienza a disposizione degli studenti: in uno spazio europeo dell'istruzione superiore, gli studenti troveranno più facilmente l'Università o la «Alta Scuola» che fornirà una formazione che corrisponde esattamente alle loro aspettative o alle loro esigenze.
Ma questo argomento si basa sul dogma piuttosto fragile che, grazie al miracolo del mercato, la qualità del servizio potrà solo migliorare. Perché è ben di mercato che si tratta. Al di là delle riserve tecniche già citate, l'obiettivo principale del processo di Bologna è quello di aumentare la concorrenza tra le istituzioni europee e la loro competitività nel mercato globale per i servizi educativi «Dobbiamo [...] ricercare una maggiore competitività del sistema europeo d’istruzione superiore. [...] Dobbiamo fare in modo che il sistema europeo d’istruzione superiore eserciti una attrazione di risonanza mondiale, corrispondente alla nostra straordinaria tradizione scientifica e culturale» (Dichiarazione di Bologna).

Si entra così in una logica in cui le università non sono più considerate come servizi pubblici, finanziate e, talvolta, organizzate dallo Stato, ma come servizi mercantili. Lo Spazio europeo d’istruzione superiore che ci avevano promesso, rischia di non essere altro che un volgare mercato comune europeo. Quanto agli studenti, sono degradati al rango di clienti, costantemente alla ricerca di «fornitori di servizi», offerenti il miglior rapporto qualità/prezzo, e che meglio si adatta alle loro aspettative e/o al loro portafoglio. Certamente, i ministri dell'UE affermano regolarmente che l'istruzione superiore resterà un «bene pubblico» e una «responsabilità pubblica». Tuttavia, anche le università, pubbliche o sovvenzionati dal governo, possono perfettamente entrare gradualmente nella logica mercantile. Dal momento che il finanziamento è proporzionale al numero di studenti che attraggono, sono già, di fatto, in un funzionamento di «quasi-mercato». Più il processo di Bologna svilupperà la mobilità studentesca, più sarà forte la concorrenza tra le università europee, costringendole a concentrarsi sulle formazioni più attraenti: quelle che rispondono più direttamente alle esigenze del mercato del lavoro. Solo poche istituzioni di grandi dimensioni potranno ancora permettersi le ambizioni di «universalità». Le altre sopravviveranno solo a condizione di sviluppare delle formazioni specialistiche, dei centri tecnologici, in connessione con uno specifico contesto economico locale. Così, la «mercificazione» delle università deve essere intesa prima di tutto come l'adattamento alle aspettative del mercato. Come notato da Jean-Luc de Meulemeester, «l'introduzione di meccanismi di mercato e commerciali, o delle richieste utilitaristiche nei settori dell'istruzione superiore, al punto di escludere tutte le altre considerazioni, ci porta ad una riduzione dell’educazione alla sua sola dimensione economica. Dimensione che oltretutto si proietta in una prospettiva tutta a breve termine, quando invece sino ad oggi era in parte il luogo di trasmissione di valori non strettamente economici, in una prospettiva più a lungo termine. Sotto le spoglie d’accountability e di valutazione permanente, si corre il rischio di una sorta di «dittatura perfetta».

La mancanza di fondi non fa che accentuare questa tendenza. Le istituzioni scolastiche saranno portate a reclamare tasse d'iscrizione sempre più alte, rendendo così ancora meno attraenti i corsi che non offrono opportunità gloriose sul mercato del lavoro. Le università saranno sempre di più alla mercè di sponsor privati, che controlleranno ulteriori attività di ricerca e le priorità dell’istruzione. Così, il processo di Bologna é inserito in un movimento iniziato nel fine degli anni '80 e che concerne tutti i sistemi europei di istruzione: la strumentalizzazione crescente dell’insegnamento al servizio della concorrenza economica.

Tuttavia, il rischio di privatizzazione totale, sotto forma di una Education business all’americana non è escluso. Finora nel quadro dell'OMC e del GATS, l’Europa ha respinto le richieste di liberalizzazione del mercato dell’istruzione superiore. Ma ci si può chiedere cosa accadrà da oggi al 2010, quando Bologna sarà completamente realizzata. Per Chantal Kaufmann, specialista dei sistemi europei d’istruzione superiore, non c'è dubbio: «l'approfondimento della cooperazione europea nel campo dell’istruzione e della formazione per alcuni è il modo migliore per migliorare competitività dell'istruzione superiore europea, in relazione al mercato della formazione negli Stati Uniti e in Asia». Lei crede che Bologna servirà a «difendere le posizioni delle università europee sul mercato mondiale».

Comunque sia, anche se le nostre università riusciranno a evitare la privatizzazione, sembra probabile che tasse più alte e il prolungamento degli studi agiranno negativamente sul tasso di partecipazione all'istruzione superiore. E, soprattutto, il carattere professionalizzante del primo ciclo incoraggerà un maggior numero di studenti a interrompere gli studi prima del «mastaire».
Questa probabile diminuzione della partecipazione all'istruzione superiore non rischia di andare contro gli obiettivi economici visualizzato? E principalmente, non mancheremo di universitari d’alto livello? Per niente. Uno dei grandi paradossi della società della conoscenza è che essa genera sempre più posti di lavoro a bassi livelli di qualificazione. L'economia ha maggiormente bisogno di forza lavoro flessibile e adattabile più che di lavoratori altamente qualificati. Pertanto, l'adeguamento dell'istruzione superiore ai dettami del capitalismo moderno, di cui il processo di Bologna vuole essere lo strumento, non porta solo ad una università macdonaldizzata; questo adeguamento segnerà pure la cessazione di un secolo di massificazione e di relativa democratizzazione dell'istruzione superiore europea.

Nico Hirtt

Riferimenti

Chantal Kaufmann, « L'enseignement supérieur en Europe : état des lieux », exposé au colloque L’université dans la tourmente, Bruxelles, St. Louis, 2000 ; « L'université formatée par le marché », Politique, n° 24, 2001 ; Jean-Luc de Meulemeester, « Privatisation, marchandisation ou instrumentalisation de l’enseignement : une autre voie est-elle encore possible ? », Attac Wallonie-Bruxelles, 2003 ; Yves Winkin, La Communication n’est pas une marchandise. Résister à l’agenda de Bologne, Bruxelles, Espace de Libertés/Labor, 2003 ; Centre Tricontinental, L’Offensive des marchés sur l’université, Alternatives Sud, vol. X. 2003 ; Commission européenne, Vers l'espace européen d'enseignement supérieur : panorama des principales réformes de Bologne à Prague, 2003 ; Commission européenne, The Bologna processs : next stop Bergen 2005, 2004 ; Nico Hirtt, Les nouveau maîtres de l’École, Bruxelles, Aden/EPO, 2005.

 

Nico Hirtt sulle pagine dell'APED