Ciò che alla
fine va ristretto
Deve prima essere
esteso
Ciò che va
indebolito
Deve all'inizio essere
rafforzato
Ciò che va
rovesciato
Deve all'inizio essere
drizzato
Colui che vuol
prendere
Deve cominciare a
dare.
Lao Tzu, Tao Te Ching
Sovente
quando ci confrontiamo con un
allievo che non riesce ad integrare gli insegnamenti in un insieme
coerente, che non generalizza e non differenzia (l'assimilazione
generalizzatrice é correlata a quella differenziatrice), che
non scopre o costruisce regolarità, che non riesce a formulare
ipotesi rispetto le proprie azioni (ciò che definisce
l'entrata nel pensiero operatorio concreto in senso piagetiano),
insomma di un bambino che ancora ragiona e si fissa sulle
configurazioni, sovente
diciamo che questo bambino é
ancora dominato da necessità percettive, ed eventualmente che
si situa (ancora) ad un livello pre-operatorio. Le
difficoltà che osserviamo sul piano cognitivo e quelle che
osserviamo sul piano rappresentativo o figurativo sono speculari
l'una all'altra. Quale sia l'immagine e quale sia lo specchio non
é dato qui a sapere. Non si tratta, in questa sede, per il
sottoscritto, di sapere di chi sia il primato - in una prospettiva
piagetiana inequivocabilmente del lato operatorio - quanto piuttosto
osservarne il gioco di riflessi.
Il pensiero più spontaneo e immediato, conseguente a quanto
descritto, può essere quello di consigliare al docente, o al
genitore, di insistere nella manipolazione di oggetti,
affinché il bambino abbia ad esercitare sufficientemente le
modalità a lui congeniali in quel momento
e ciò
nella speranza che dette esperienze, queste ripetute azioni, lo
portino automaticamente a delle operazioni (proprio come un aforisma
Zen, o una cura omeopatica, o un principio sistemico che prescrivono
i comportamenti che desidereremmo vedere modificati).
Insomma siccome la resistenza si situa
nell'incapacità ad abbandonare il dato sensibile e nel primato
della percezione rispetto l'astrazione, come pure nell'azione con
elementi figurali rispetto alle operazioni, ne prescriviamo la
necessità e la continuità, sperando che una maggiore
fissazione di queste modalità di "computazione" della
realtà ne comportino automaticamente un loro superamento. Ma
allora se abbiamo a che fare con qualcosa che giace
nell'impossibilità ad abbandonare i dati sensibili
(l'impossibilità di un pensiero che astrae é
l'impossibilità del soggetto a diventare attivo, agente della
propria epistemologia), una prima immediata domanda che sorge
é la seguente: quali sono le condizioni indispensabili in
questo tipo di lavoro (quello consigliato ai docenti o ai genitori)
affinché il bambino scopra le regolarità logiche,
scopra (costruisca!) le conservazioni, costruisca e comprenda i
valori posizionali nella costruzione del numero, sappia affrontare un
testo con atteggiamento attivo di ricerca e scoperta, sappia fare
delle inferenze, delle ipotesi, astrarre delle regolarità tra
elementi percettivamente dissimili, ecc
?
Ma un'altra domanda é la seguente.
Cosa é che definisce le necessità percettive di un
bambino? quali sono le sue interne necessità che lo muovono in
tal senso? Dire che un bambino ha ancora bisogno di manipolazioni
concrete o che é ancora dominato da questo tipo di
funzionamento non definisce ancora una relazione causale sul piano
evolutivo. Perlomeno non spiega ancora il perché di un tale
arresto evolutivo o di una difficoltà evolutiva che si situa
su questo piano. Non ci da ancora una comprensione evolutiva e
causale, non ne fa l'eziologia, ma ci muoviamo ancora piuttosto ed
evidentemente su di un piano descrittivo (e purtroppo questo
imperativo non é ancora sufficientemente autoreferenziale
costretto come sono a muovermi - io stesso - ancora troppo su di un
piano descrittivo
)
Allora, relativamente al soggetto, la prima
domanda sarà allora piuttosto rivolta al suo esterno e ci
porterà a riflettere sull'apparato psicopedagogico, pedagogico
e didattico, a sapere come organizzare le esperienze, quali materiali
proporre, che tipo di compito dare, affinché il bambino sia
accompagnato nella scoperta e nella costruzione di strategie
operatorie, ecc
; la seconda domanda ci porterà al suo
interno, a riflettere sull'evoluzione psicologica del bambino. Ci
muoveremo dunque senz'altro su di un piano cognitivo ma pure
relazionale, affettivo, in quanto la simbolizzazione marca certamente
la nascita del pensiero ma anche lo stacco nella relazione
bambino-madre
la simbolizzazione é il crocevia del
desiderio.
Allora per riflettere sul funzionamento di questi bambini bisogna ben cominciare a riconoscere il pensiero senso-motorio, a identificarlo quando esso si manifesta a scuola e riflettere sul pensiero simbolico ed operatorio (il pensiero simbolico si definisce sulla sua costruzione di significanti ed utilizzazione degli stessi). Ma bisogna pur ricordare che quando parliamo di pensiero simbolico ci muoviamo contemporaneamente su di un piano cognitivo quanto dinamico.
Le righe seguenti, e i capitoletti di questa dissertazione, non hanno assolutamente la pretesa di essere esaurienti del tema affrontato. Dei percorsi di ricerca, piuttosto come indicato nel titolo, non ancora unitari, come nemmeno articolati fra loro. Anzi forse é un bene considerarli indipendentemente l'uno dall'altro, come altrettanti percorsi possibili. E poi questo navigare sarà piuttosto limitato agli elementi cognitivi, tralasciando la relazione, la dinamica, gli affetti, il desiderio
excursus: alcune giustificazioni teoriche sulla "ripetizione parossistica"
Se vuoi vedere,
impara ad agire.
H. Von
Foerster.
Dall'azione la
rappresentazione
J.
Piaget
Andrea, in classe terza, non presenta
particolari e specifiche difficoltà ortografiche. Sbaglia
grosso modo quanto i suoi compagni. Ha una buona competenza
fonografica - sa far corrispondere correttamente ogni grafia a ogni
suono - e sa segmentare le parole. Andrea ama molto disegnare,
specialmente curare i disegni. Quando copia un testo, che sia a
distanza o ravvicinato, scrive sempre una lettera dopo l'altra, copia
lettera dopo lettera, senza mai fissare spezzoni di frase, parole o
sillabe. Incede sempre senza mai fissare mentalmente più di un
segno grafico per volta. Naturalmente in questa maniera non accede
mai ai significati, non sa mai cosa sta scrivendo. La grafia, il
gesto grafico é curato, un buona calligrafia
Un giorno
la sua classe corrisponde in inglese con una classe estera. Una
classe con al suo interno alcuni bimbi di lingua madre inglese non
comporta problemi di traduzione e comprensione. Ma chi ha una buona
calligrafia? Andrea ricopia le lettere da spedire. Non parla inglese
e ricopia due pagine manoscritte in inglese. Un compito che a noi
appare incredibile, improponibile, lo effettua senza obiezioni e
senza ulteriori difficoltà. Evidentemente come per la
copiatura di un testo italiano non accede o non costruisce
significati. Spingiamo dunque al parossismo il suo modo di procedere
Ma ecco che a un certo momento scopre, sul manoscritto
inglese, alcuni nomi di località circostanti alla nostra
scuola. E dice: "qui non ho bisogno di copiare lettera per lettera
perché so cosa vuol dire, so cosa c'é scritto, posso
ricordarmi". Ecco una esperienza senso-motoria di ripetizione ma che
porta a un cambiamento del comportamento ristrutturandone le
premesse. A questo punto Andrea può meta-cogitare. "Quando il
testo é così e cosà devo copiare lettera per
lettera, quando capisco e conosco le parole posso copiarle per
intero". Una intuizione che ha il senso dell'illuminazione. Andrea,
tramite la scoperta di un significante (alcuni nomi di
località), ha fatto la scoperta della possibilità di
accedervi. La scoperta di un significato (concreto) e la scoperta
della possibilità di accedere ai significati non sono uguali,
perché la prima concerne l'oggetto, la seconda concerne il
soggetto. La prima é relativa alla relazione
significante-significato dell'oggetto che é immutabile, la
seconda concerne le modalità di computazione del soggetto, che
sono evolutive.
Un altro esempio simile al precedente vede
Caterina impegnata in una lettura. Ebbene Caterina legge bene la
scheda (una storiella), nel senso che la sua dizione é
discreta, il testo ascoltabile, ecc
Normalmente, quando
Caterina legge, legge sempre a sottovoce, mai mentalmente. Finita la
lettura non sa rispondere a delle domandine. La docente invita la
bambina a rileggere. Caterina rilegge per ben due volte. Ma
ciò che ha letto non le pone il problema del significato.
Sembrerebbe che per lei "leggere" sia pronunciare ad alta voce i
suoni. Non immagina che il testo abbia un significato perché
non si pone minimamente il problema che il testo ne possa avere uno.
Almeno ciò é quanto era stato ipotizzato nei suoi
confronti. Che fare allora? Alla bambina viene proposta una scheda
assolutamente illeggibile sul piano del significato. Le parole della
storia proposta sono state tutte rimescolate aleatoriamente. Dopo una
prima scheda gliene propongo una seconda. In questa maniera procede
per circa 15 minuti di lettura ad alta voce. Ecco che alla fine di
questo "esercizio" a una mia domanda risponde: "Mi é piaciuto,
perché le lettere
mi piaceva dire".
J. Piaget nel testo "La naissance de l'intelligence chez l'enfant" descrive le reazioni circolari (primarie, secondarie, terziarie o differite). Si tratta di esercizi funzionali finalizzati al mantenimento o alla scoperta di risultati. In particolare con l'effetto di rafforzare e mantenere un insieme senso-motorio.
Le reazioni primarie non sono intenzionali, piuttosto fortuite. Quelle secondarie cominciano a differenziare i mezzi dagli scopi e quelle terziarie vedono il soggetto operare delle piccole variazioni per "vedere cosa succede". Non si tratta dunque più solamente di riprodurre un risultato interessante ma di farlo variare. Le reazioni circolari differite sviluppano una forma primitiva di localizzazione dei ricordi: l'interruzione di un'azione ripresa in seguito (per delle definizioni particolareggiate cfr. Battro, Dictionnaire d'épistemologie génétique, Reidel). Ciò significa che attraverso la ripetizione queste azioni innescano una progressiva presa di coscienza della propria intenzionalità. Si parla anche di "potere causativo", vale a dire della coscienza della propria capacità a provocare delle modifiche nell'ambiente: un allargamento della propria intenzionalità causale e del proprio mana (chiamo così questo "potere" visto come il bimbo si muove nella sfera della magia e del mistero) agendo, provando micro variazioni.
Per le seguenti note ciò implica immediatamente tre domande:
I Tao Te Ching (cfr. pure i testi di P.
Watzlawick, Change, e Pragmatica della comunicazione
umana, entrambi alle ed. Astrolabio) ci insegnano
l'esperienza, la pratica, o il concetto di rilassamento é
individuale. Se é introdotto in una dinamica relazionale - tra
due o più persone dove l'una consiglia, dice all'altra come
deve sentirsi e comportarsi &endash; ha dell'ingiunzione di un
ordine. Ogni qual volta diciamo rilassati il messaggio stesso
chiede e ottiene il suo contrario. Quale il significato di
ciò? Bisogna dunque chiedere effettivamente il contrario di
ciò che si vuole per ottenere ciò che si
vuole.
percorso 1)
Deficit a livello rappresentativo e
simbolico?
Ci sono deficit che si situano a livello
rappresentativo e simbolico? Eccome. Dire il contrario, affermando
che comunque sempre e solamente le difficoltà che si
manifestano a questo piano sono effetto di un deficit operatorio
(ecco una ortodossia di natura para-piagetiana), é come negare
l'esistenza stessa dell'inconscio. Oppure in altri termini non fare
l'economia del soggetto. Sappiamo che il modello piagetiano é
un modello unicamente epistemologico, "auto-funzionante", con un fine
teleologico, una predestinazione di origine biologica. Nei casi
considerati come non spiegare altrimenti la predilezione per le cose
percettive (evidenti, visibili) e l'evitamento delle cose di
pensiero? Questa difficoltà si situa ad un livello che collega
indissolubilmente le capacità operatorie, con quelle
rappresentative, ma pure con quelle dinamiche. Non dimentichiamo che
la rappresentazione ha a che fare con il simbolo e che il simbolo
é direttamente collegato con l'inconscio e la vita affettiva
del soggetto.
Come affrontare per esempio la predilezione, a
scuola, delle "schede da eseguire" (con poco testo) rispetto le
"schede da leggere" (con molto testo)? Cos'è questa fretta,
questo rincorrere un atto esecutivo
Possiamo unicamente
affermare che queste derivano dalla poca dimestichezza con la
lettura, con una demotivazione nei suoi confronti, con una
incapacità di tipo "tecnico",
oppure con un blocco, una
difficoltà relative all'anticipazione? nel senso della
mentalizzazione, della costruzione di immagini, della trasformazione
(elaborazione) di un messaggio (scritto) in una comunicazione mentale
interna? Perché la lettura ha qualche cosa delle
trasformazioni e della conservazione. E' vero che nella situazione
appena descritta c'é qualcosa che riguarda la lingua
(competenze, semantiche, sintattiche, morfologiche, ancor prima di
quelle specifiche alla lettura) ed é vero che ciò
riguarda delle modalità spontanee e soggettive rispetto
l'apprendere a scuola, come pure la motivazione e pure ha a che fare
con l'interesse per le scorciatoie. Ma é specialmente vero che
c'é qualcosa a cavallo tra il pensiero senso-motorio (o
pre-operatorio) e quello operatorio concreto. Ed il linguaggio, il
suo avvento e le prime costruzioni sono proprie a questo periodo. Il
bambino a scuola é chiamato a passare decisamente e
obbligatoriamente dal primo al secondo. All'utilizzazione di
linguaggi che traducano esperienze, ma anche di linguaggi che
producono nuove esperienze, di esperienze possibili solo con i
linguaggi
Ma qui ci confrontiamo con bambini che funzionano
prevalentemente a livello senso-motorio (percettivo-motorio).
Dove i contenuti della sensomotricità sono le grafie, i segni
(non i simboli), i colori, la colorazione, il numero dei quadratini,
la loro forma o grandezza, le ripetizioni, l'ortografia, gli
algoritmi aritmetici, il disegno stereotipato, l'occupazione del
foglio (dove scrivo, quanti quadratini in basso,
), il calcolo
come iterazione di unità, la riuscita corrispondenza
fonografica (magari alfabetica), quindi la dizione corretta nella
lettura (magari la decifrazione), ecc
Certamente, tutte queste
cose (a un momento o un altro) sono importanti e necessarie. Quella
senso-motoria non é una tappa dello sviluppo? E poi? Vorrei
ricordare che l'intelligenza senso-motoria é essenzialmente
conservatrice. Essa deve ritrovare continuamente le stesse condizioni
e dinamiche per poter essere. E' la ripetitività delle
reazioni circolari
Percorso 2)
Piaget: azioni, configurazioni, operazioni
Grande -
piccolo,
nero -
bianco,
giorno -
notte,
leggero -
pesante.
chilometro?
ortemolihc!
Filippo, classe
5a
In queste note i concetti epistemologici e cognitivi di riferimento sono prevalentemente di tipo piagetiano. Ciò non per definire o ridefinire le tappe e le modalità d'interazione che Piaget ha così doviziosamente descritto nei suoi lavori consacrati allo sviluppo dell'intelligenza sensomotoria e operatoria. Non si tratta di sapere se un bambino si situa a uno stadio piuttosto che un altro. Ciò che é importante é che le tappe evolutive rimandano a differenti modalità di coscienza (autocoscienza) - corporea, mentale o quant'altro - a successive modalità di interazione con la realtà, a successive modalità dell'immagine di Sé (successive l'una all'altra sul piano cognitivo ed epistemico, ma non escludentesi sul piano evolutivo e psicologico); lasciandoci ben immaginare quali siano le reali possibilità di introspezione o di metacognizione, specie in quei bambini che a scuola non riescono ad essere che degli esecutori di algoritmi o esecutori di schede; quei bambini che scarsamente mentalizzano, che mai o quasi sono sicuri di Sé, che non sanno rispondere alle domande, che non riescono a dare senso a un testo, perché i processi di costruzione di senso domandano qualcosa di personale, perché il dare senso ha a che fare con la rappresentazione, vale a dire con immagini da creare, immaginare, o pensare piuttosto che da guardare; bambini che, come già ricordato, prediligono attività ripetitive ed esecutive rispetto altre più partecipative, d'argomentazione, di confronto, di ipotizzazione o di ricerca attiva di indizi, notizie, soluzione, piuttosto che quelle di scoperta insomma. Il riferimento a tali concetti non deve pertanto portare a immaginare o considerare che un bambino a scuola possa essere realmente situato ad un livello (stadio) di intelligenza senso motoria; piuttosto l'euristica di tali concetti, in un ambito pedagogico e istituzionale sta nel riconoscerli come modalità residue o non ancora sufficientemente abbandonate nel relazionamento alla realtà e all'oggetto del sapere dell'allievo.
E' importante soffermarsi un poco sul
significato della decontestualizzazione. Perché é
proprio decontestualizzando una esperienza, per ricontestualizzarla
con altri tipi di materiale, che creiamo delle conservazioni e delle
conoscenze di tipo logico, fisico, linguistico
Vi é una differenza fondamentale tra:
Ciò che segna il passaggio dal
pre-operatorio (che é ancora invaso da strategie o
modalità di computazione della realtà di tipo
sensibile-percettivo) all'operatorio é il concetto di
reversibilità e con esso la conservazione. Cosa
significa decontestualizzare?
Ma per esempio riutilizzare uno schema di operazioni in ambiti e
contesti differenti (in senso piagetiano il concetto di operazione
é differente da quello di azione, il primo associato
indissolubilmente alla reversibilità e al pensiero
operatorio). Lo stesso operare con materiali differenti. Si
capirà che se siamo fermi alla osservazione o registrazione
dei dati percettivi ben difficilmente potremo costruire conservazioni
E appare evidente e sostanziale la distinzione tra ragionare
sulle modificazioni dell'oggetto e ragionare sulle operazioni
eseguite sull'oggetto. Ciò però non significa
assolutamente lavorare in assenza di contesto. Significa che
c'é sempre e sempre deve esserci se vogliamo proprio favorire
le riflessioni sulle azioni/operazioni. L'eliminazione del contesto
non può essere assunta come procedimento di lavoro, ma risulta
solamente dalla astrazione degli elementi comuni che caratterizzano
l'operare con materiali diversi.
" l'objet n'est connu que conceptualisé à des degrés divers. L'image reste bien toujours le produit d'un effort de copie concrète et même simili-sensible de l'objet, mai cette copie demeure fondamentalement symbolique puisque une signification effective est à chercher dans le concept ".(J. Piaget, L'image mentale , pag. 8)
percorso 3)
ancora sulle configurazioni (e il
numero)
2x + 3y + 5z
=
2napoli
+
3calzoni
+
5birre
=
in pizzeria
Filippo, in classe quinta, guarda una
sottrazione in colonna:
767 - |
3 |
72 |
628 |
1314 |
In assenza di permanenza il ricordo stesso
dell'azione effettuata cade e con esso quindi ogni confronto
retroattivo. Siamo sempre e ancora a un tipo di funzionamento
senso-motorio.
Percorso 4)
"macchine" cibernetiche di prim'ordine e
"macchine" cibernetiche di second'ordine
Operazioni e rappresentazioni.
Queste sono le due parole magiche, centrali. Tutto succede come se il
bambino debole esegua azioni senza nessun tipo di elaborazione, una
ripetizione continua di gesti, pattern o che si voglia, specialmente
e preferibilmente senza variazioni. Ma ciò che colpisce in
questa coazione ripetitiva e chiusa su se stessa é che
é paradossalmente incerta. Paradossalmente il bimbo che
continua a ripetere gli stessi gesti continua ad essere incerto,
insicuro. Per forza, visto che la realtà e mutevole e non si
piega al soggetto, per forza visto che gli insegnamenti sono
progressivi e presentano continue rielaborazioni, modifiche, ecc
. Domanda: ma come mai questa continua esperienza e
constatazione di insufficienza - le strategie che metto in atto non
sono sufficienti - spinge il bambino a ripetere continuamente, a
intestardirsi
?
Diremo che é un problema di
sicurezza/insicurezza del soggetto, d'accordo. Ma qui ci troviamo per
l'appunto nel paradosso: ciò che, apparentemente, da sicurezza
perpetua l'insicurezza. I bimbi ripetono continuamente delle
modalità che non fanno che ripetere la ricerca delle soluzioni
che li hanno appagati. L'attivazione di una reazione circolare, di un
pattern senso-motorio, li libera dall'ansia di dover creare delle
immagini (o ripescarle al proprio interno). Ma queste sono le stesse
soluzioni che li destrutturano
Ecco poi nascere le resistenze al nuovo
Ci sono almeno tre elementi da
considerare.
1) Purtroppo,
sovente, l'insegnamento é di tipo imperativo. Diciamo ai
bambini come devono svolgere un calcolo, come devono scrivere una
parola, come devono occupare lo spazio sul foglio, come devono
scrivere, come tenere la matita, ecc
e facciamo fare degli
esercizi affinché abbiano a ben dimostrare d'aver acquisito
questi algoritmi o pattern. In genere li sottoponiamo a dei problemi
per i quali esistono già delle risposte ed essi confondono gli
uni con le altre, per cui l'importante non é creare problemi e
scoprire (costruire) regolarità, fare scoperte, ecc,
quanto captare il più rapidamente possibile le risposte alle
quali il docente vuole che arrivino.
Attenzione: non vorrei essere frainteso.
L'insegnamento é anche imperativo - insegnare dei saper fare,
dei pattern esecutivi, grafo-motricità, algoritmi, ecc
- deve pure esserlo. Voglio pure anche ben riconoscere che il
condizionamento operante, o pedagogie impostate sui modelli
neo-cognitivisti, sono necessari. Ciò non mi scandalizza
assolutamente. E perché no? Ma dobbiamo pure essere sinceri e
individuare a quale fine ciò serve, per quale tipo di
apprendimenti
(fare l'epistemologia e l'ecologia
dell'intervento psicopedagogico diventano dunque parte integrante
dello stesso intervento con il bambino).
2) Sovente si confonde un segnale con una
informazione (Von Foerster). L'informazione non sta nell'oggetto ma
nell'azione (computo, Piaget direbbe operazione) che il soggetto fa
su di esso. Un libro in sé non
é una informazione, l'informazione é creata dal
soggetto, nella relazioni che crea tra i dati raccolti nel libro e
quelle già in suo possesso. L'informazione deriva dalle
operazioni che il soggetto fa sull'oggetto.
Operare = computare, trarre informazioni (soggettive) dalle mie
azioni sugli oggetti.
Rappresentare = vuol dire, prima o poi, fare scelte con il linguaggio
e ordinare gli avvenimenti (dunque a fare delle scelte).
3) I bambini deboli si comportano sovente come
se fossero delle "macchine comportamentiste", dove funzionano bene,
imparano a funzionare bene, solo con il linguaggio imperativo, dove
l'informazione é uguale al segnale (si pensi alla
cartellonistica stradale: ci dice "fermati", "svolta a
sinistra/destra", "qui (non) puoi posteggiare", ecc
)
Domanda: come passare da una psicopedagogia
degli imperativi a una psicopedagogia che sia costruttrice di
informazioni (il che equivale a creare nuovi problemi, nuove
intuizioni, nuove percezioni)? In fondo con i bambini deboli si
finisce a proporre una pedagogia neo-comportamentista mentre si
tratta di "abbandonare quella strategia che ci spinge a cercare tra
gli oggetti al di fuori di noi per adottare un'altra che ci permetta
di andare alla ricerca dei processi dentro di noi (Von Foerster, pag.
172). Piaget direbbe che si tratta di passare da un dominio delle
percezioni a quello delle operazioni. In termini cibernetici diremo
che si tratta di passare da una cibernetica di primo ordine a una di
secondo ordine (la cibernetica di primo ordine ci dice come funziona
un sistema, é la cibernetica dei sistemi osservati; la
cibernetica di secondo ordine ci dice come funziona l'osservazione di
un sistema che funziona, é la cibernetica dei sistemi che
osservano. I primi funzionano, i secondi osservano (come
funzionano)). Parafrasando potremmo dire che si tratta di passare da
una psicopedagogia di prim'ordine a una psicopedagogia di
second'ordine.
percorso 5)
rappresentazione, mentalizzazione,
evocazione
Durante il periodo senso-motorio nasce la
rappresentazione. Le condotte che si manifestano e si sviluppano
sono: l'imitazione differita, il gioco simbolico, il disegno,
l'immagine mentale. Esse sono tutte forme del pensiero simbolico e
s'appoggiano sull'imitazione (in termini piagetiani). Nell'analisi
dei deficit bisogna quindi insistere e vegliare su quale di questi
singoli processi di formazione delle differenti forme del pensiero
semiotico si presentano delle difficoltà. La distinzione
é necessaria in quanto possono insorgere significati di
differente natura per la spiegazione della genesi dei deficit che
descriviamo. Varie le osservazioni che si possono allora
fare:
Le nozioni logiche possono evidentemente
soffrire dell'esistenza di un deficit a livello della costituzione
delle prime significazioni e dei deficit d'evocazione
(anticipazione). In questo caso bisogna vedere se le relazioni tra
significato e significante si elaborano normalmente.
Le difficoltà rappresentative, o della
cosiddetta funzione simbolica sono da ricercare a livello d'immagine
mentale, di tipo imitatrice, oppure di anticipazione e evocazione?
Quindi nella possibilità di archiviazione delle immagini e dei
risultati di operazioni a corto e a lungo termine e nella conseguente
capacità riproduttrice delle esperienze vissute? oppure
é già deficitaria l'immagine imitatrice (la copia)?
Capire da dove deriva una difficoltà così elettiva
significa interrogare il terreno della simbolizzazione, il suo
sviluppo e le sue patologie.
Il problema della creazione di una immagine
mentale é evidentemente quella della costruzione di immagini
(visive ma non solo) come pure quella della costruzione del
linguaggio (attenzione pure l'immagine é un linguaggio e ha un
linguaggio). E' ancora il problema della mentalizzazione. La stessa
cosa vale per il concetto, che si esprime con un linguaggio. Come
accedere, sviluppare, costruire conoscenze se non abbiamo delle
immagini (un linguaggio corrispondente)?
Con Franca faccio un gioco, un gioco
progressivo, o una progressione di giochi. Qualcosa tra il gioco di
Kim e il Memory. Prendo delle figurine e comincio con il gioco di
Kim. Franca deve memorizzare le postazioni relative ad ogni immagine
che io metto in fila davanti al lei. Diciamo che uso 6 o 7 figurine.
Quando ha ben memorizzato le postazioni io cambio il posto di alcune
figurine, e in progressione magari ne aggiungo di nuove che non
c'entrano o ne tolgo, e Franca rapidamente e correttamente
ricostruisce la sequenza iniziale, eliminando le eventuali nuove
figurine o ricuperando quelle tolte. Ha dunque ben memorizzato non
solo tutte le figurine, ma anche le rispettive posizioni nella fila.
In un secondo momento faccio la stessa cosa con 6 o 7 parole scritte.
Stessi sviluppi. A questo punto riprendo le figurine, che capovolgo,
quindi non si vedono più. Ebbene se chiedo a Franca di dirmi
in quale postazione si trova una carta che io nomino (un sacco, una
pesca, un treno
), prontamente me la indica senza errori.
Quando io le chiedo di nominarmi la carta (la stessa carta)
indicandogli una postazione ("cosa c'é qui"?) non me la sa
nominare. Stessa dinamica con le parole scritte. Da notare che il
materiale é stato scelto appositamente con Franca al fine di
eliminare oggetti sconosciuti, così come per le
parole.
Franca sa trovare una figura o una parola
nascoste se gli dico il nome. Se indico la postazione e chiedo di
nominarla non é più in grado. Questo succede diverse
volte anche modificando il materiale. Cosa succede? Forse fino a
quando Franca aveva uno stimolo, una percezione esterna - la parola
dell'oggetto o la sua raffigurazione - poteva mettere in atto una
associazione tra l'una e l'altra, poteva dunque avviare una reazione
di tipo circolare, un pattern di tipo senso-motorio. Ma nella
situazione ravvisata manca uno stimolo esterno - rimane solo una
posizione astratta che essa sola non serve per evocare dei
significanti (i nomi degli oggetti). Per funzionare, la
senso-motricità, abbisogna di una sensazione iniziale.
Così Franca non può evocare, non ha un elemento
sensibile che possa avviare il suo schema esecutivo. Prima trovava un
riferimento esterno a sé, visivo o uditivo, una configurazione
ora lo dovrebbe ricercare e ricostruire al suo interno
Senza volerne assolutamente farne la stessa cosa (non ne sono nemmeno
uno specialista), questa situazione mi ricorda, almeno su un piano
più fenomenologico, le afasie, specie quelle di tipo nominale,
dove le parole hanno perso il loro valore simbolico (cioè di
sostituto dell'oggetto reale, qualsiasi sostituzione immaginata
dell'oggetto reale é un simbolo
). Interessante é
poi vedere cosa succede quando continuo l'attività. In
sostituzione dell'impossibile evocazione del significante orale,
chiedo alla bimba di disegnarmi cosa c'é nascosto. Ebbene
anche qui si blocca.
Pure l'esperienza stereognosica
(riconoscimento tattile di un oggetto) può informarci. Ma
anche questa ha a che fare con la formazione e la rappresentazione
dei concetti. Ciò lo osserviamo quando alterniamo la
tridimensionalità (stereognosia dell'oggetto) e la
bidimensionalità (stereognosia del disegno dell'oggetto,
più correttamente del profilo cartonato, come nel gioco
Tactil). Succede così che il bambino sa rispondere in
situazione di stereognosia tridimensionale (3D) di un oggetto -"ho in
mano una mela". Ma non é in grado di rispondere in situazione
di stereognosia bidimensionale (2D). La mela, non é il disegno
della mela, la scala non é la sua raffigurazione, l'uovo non
corrisponde al suo profilo di forma più o meno ovale
Forse l'esperienza stereognosica 2 D
é difficile perché manca una immagine più
direttamente correlata con l'oggetto fisico
la stereognosia 2D
di un oggetto (per esempio il profilo cartonato di una mela) equivale
alla stereognosia della sua immagine (vale a dire alla stereognosia
di una costruzione di una rappresentazione).
Prime parziali
conclusioni
Nell'introduzione scrivevo che si trattava
di riflettere a due livelli: quello dell'apparato psicopedagogico,
pedagogico e didattico, sapere come organizzare le esperienze, il
materiale, ecc
e quello dello sviluppo del bambino. E poi
scrivevo che il pensiero simbolico si definisce sulla costruzione di
significanti e la loro utilizzazione. Allora in un ambito di
rieducazione, o di stimolazione cognitiva, si tratta di cominciare a
fare l'economia de:
1) quali sono i processi di costruzione di significanti presenti o assenti, o "deficitari":
2) a livello di immagine mentale quale tipo di raffigurazioni costruisce il bambino? Per esempio (cfr. Piaget, L'image mentale ) distingue almeno 5 tipi di raffigurazione:
Quali significanti é in grado di
produrre/costruire il bambino?
3) quali sono i legami che vengono a
costruirsi fra significato e significante?
Mi pare poi che ci siano due possibili
livelli di osservazione dello sviluppo e del funzionamento della
funzione rappresentativa: il primo indipendente all'utilizzazione
della lingua parlata, il secondo che ne dipende. Perché se
sappiamo che il pensiero é linguaggio - che il pensiero viene
a realizzarsi concretamente sulla lingua e pure che la lingua
é costitutiva di pensiero (Vygotskij), sappiamo pure che
c'é pensiero senza lingua,
come lingua senza
pensiero.
percorso 6)
cognizione, metacognizione,
linguaggio
Ci meravigliamo delle flebili
capacità meta-cognitive di alcuni bambini disadattati a
scuola, per non parlare delle loro debolezze autodescrittive,
introspettive. Quello della meta-cognizione é un problema
indissolubilmente legato alle competenze linguistiche? Se penso a
quali sono le competenze linguistiche dei bambini descritti, quale
tipo di linguaggio sviluppano quotidianamente (piuttosto imperativo,
performativo o funzionale,
), quali le loro competenze
semantiche e morfo sintattiche (penso a tutto questo sul piano orale,
solamente orale), mi sembra che si possa concordare nell'affermare
genericamente che queste sono ridotte, scarse. E che, senza voler
tracciare una causalità tra linguaggio e metacognizione, in
quegli stessi bambini, le competenze meta-linguistiche siano
altrettanto ridotte. Certamente il linguaggio é una
rappresentazione, e come rappresentazione é una sostituzione
della realtà e come sostituzione della realtà ne
é un elemento ordinatore. Questi bambini allora hanno o non
hanno modo di sviluppare un linguaggio relativo alle operazioni
eseguite? Il loro linguaggio mi sembra poco operatorio. Le sue
funzioni logiche (come quelle connotative e denotative) come si sono
sviluppate? Piuttosto, ho l'impressione, che quello dominante, quello
sviluppato, sia un linguaggio performativo, imperativo, legato dunque
all'espressione delle azioni (pattern) da eseguire, ancora legato
all'intelligenza senso-motoria. Un linguaggio ripetitivo, circolare
(vedi le reazioni circolari). Connotare = definire, caratterizzare
mediante delle proprietà (é nero, é bianco,
é quanto in logica viene espresso in intensione, vale a
dire la proprietà di una classe. Denotare = designare
l'oggetto (o un insieme di oggetti) con un segno
é
quanto in logica viene espresso in estensione, vale a dire la
numerosità di una classe.
Vediamo due esempi. Con Adelmo, all'inizio
dell'anno scolastico, riordino il materiale di matematica (DIMAT).
Questo é organizzato in maniera che il programma é
suddiviso in numero preciso di argomenti, nel programma in questione
sono 21, con una progressione facile, medio, difficile. Così
il bambino, davanti a lui si ritrova 63 fogli - corrispondenti a 63
"test" - relativi agli argomenti e ai tre livelli di
difficoltà. Ogni foglio ha la sua intestazione e numerazione
relativa all'argomento. Il bambino riceve tutto il materiale
già ordinato. Da notare che sono già due anni Adelmo
lavora con questo sistema e il materiale appena ricevuto é lo
stesso di quello dell'anno precedente. Ebbene io elimino tutti i
riferimenti "classificatori": le intestazioni (titolazioni dei 21
argomenti) presenti su ogni foglio, le numerazioni (in quanto la
titolazione ha una sua numerazione associata). Lascio solo le
consegne relative alle operazioni aritmetiche, le misure, i numeri,
ecc
su ogni foglio tolgo dunque ciò che serve per
ordinare il materiale nel classatore, e lascio tutto quanto é
relativo all'esecuzione di operazioni aritmetiche. Lascio pure le
indicazioni facile, medio, difficile. Eliminati i riferimenti
descritti, mescolo i 63 fogli é chiedo al bambino di ordinare
il materiale secondo i suoi criteri. Da notare che i raggruppamenti
spontanei non corrispondono per niente a quelli del materiale. Adelmo
raggruppa per esempio schede che concernono operazioni aritmetiche di
segno differente, oppure di misure differenti, ecc
Ecco alcune
sue verbalizzazioni: "vanno assieme perché hanno
... i cerchi" (nei fogli presi ci sono dei
numeri sparsi inscritti in una forma circolare);
la mano" (qui c'é una mano
come elemento iconografico per indicare qualche cosa);
i quadrati (stessa cosa come per i
cerchi);
c'é scritto indica e
indicare" (nel testo della consegna Adelmo scopre queste
parole);
queste colonne";
ecc.
In questo caso quale allora la funzione del
linguaggio? Quella di raggruppamento e descrizione logica? Oppure di
descrizione di pattern?
Vediamo l'altro esempio, quello già
descritto del "fate come me". Il docente aveva esemplificato come
raggruppare le palline in base 10. Allora quale il messaggio di quel
"fate come me". Quello operatorio, implicito, legato all'operazione
del raggruppare? Oppure letterale, descrittivo, dal senso "fate due
sacchetti", oppure "prendete solo due sacchetti", legato alla
percezione dell'azione, quindi di tipo percettivo-motorio o
senso-motorio? Quindi magari da esplicitare nel senso: " ogni 10
palline fate un sacchetto, ogni volta che ci sono 10 palline fate un
sacchetto, e poi vediamo quanti sacchetti avete fatto e vediamo alla
fine se rimangono fuori delle palline", alfine di dare o descrivere
la funzione operatoria della frase "fate come me".
E' questa sicuramente una esperienza di
meta-cognizione, anche se non esplicita, perché ogni messaggio
ricevuto deve ben essere computato dal soggetto. Abbiamo visto qui
due esempi opposti di possibile comprensione del
messaggio.
Quale allora il ruolo della parola, in
questo ordine mancato di sostituto della realtà percettiva e
dell'esperienza, quando le funzioni logiche della lingua tendono non
a costruire un universo simbolico, a diventare sostituto
dell'esperienza, ma a descrivere le azioni svolte o dare gli ordini?
C'é una sorta di cortocircuitazione, nel senso che la lingua
perde una delle sue funzioni d'interfaccia, di traduzione operatoria,
per rimanere legata solo a quella letterale
? Se così
fosse la meta-cognizione potrà certamente trovare un suo
sviluppo. Ma quale sviluppo? Certamente per un bambino che
tendenzialmente tende a tradurre letteralmente i messaggi
bisognerà esplicitare a livello performativo quel "fate come
me", affinché la sua spontanea traduzione letterale non sia da
lui stesso incompresa: "ma io ho fatto come lui".
Alla fine di questo
navigare
Alla fine di questo navigare avrei voluto
ancora occuparmi delle dinamiche seguenti:
Per ora però qui mi
arresto.
Bibliografia:
R. ARNHEIM, Arte e percezione visiva,
Feltrinelli
B.M. BARTH, L'apprentissage de
l'abstraction, Retz
G. BATESON, Mente e natura,
Adelphi
E. MORIN, Introduzione al pensiero
complesso, Sperling & Kuiper
J. PIAGET, L'image mentale chez l'enfant,
PUF 1966
J. PIAGET, La pensée symbolique et
la pensée de l'enfant, Arch. de psy. XVIII, 72, 1923, pagg.
273-304
H. VON FOERSTER, Disordine/ordine, in:
Sistemi che osservano, Astrolabio
L. VYGOTSKIJ, Pensiero e linguaggio,
Giunti
P. WATZLAWICK, J. BEAVIN, D. JACKSON,
Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio
P. WATZLAWICK, J. WEAKLAND, R. FISCH,
Change, Astrolabio
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