Periodico di cultura e politica delleducazione
n° 1, febbraio 2005, Mendrisio
Giovanni Galli
Per quanto lo
permette questo ridotto articolo, oggi vorrei trattare
fondamentalmente di democrazia scolastica, di formazione, di
democrazia della formazione e di ri-distribuzione delle offerte di
formazione, tra pubblico e privato [1].
Ci muoveremo dunque alla luce di alcuni dati statistici e alla fonte di alcune attuali scelte metodologico-didattiche.
Ma prima tre osservazioni si impongono.
Primo: il 15% dei quindicenni esce dalla scuola
dell'obbligo con gravi difficoltà nella lettura. Il dibattito
sulla selezione scolastica deve tornare ad essere centrale, là
dove si produce per la prima volta: sui banchi della scuola
dell'obbligo.
Secondo, i servizi di sostegno hanno visto
vieppiù allargare i propri compiti: dalla iniziale gestione
dei casi difficili, alla co-gestione di metodologie della
differenziazione o co-costruzione di percorsi differenziati, ecc
Lidea che la difficoltà scolastica (che sia di
tipo cognitivo o relazionale) vada ad essere trattata in maniera
specialistica ha tacitamente avvallato la rimozione dei discorsi
sulla selezione.
Così, negli anni
recenti, il discorso sulla selezione scolastica ha cambiato
paradigma: abbiamo assistito alla ricollocazione della
selezione nel contesto del
disadattamento.
Terzo, non bisogna confondere la selezione con la
bocciatura. La selezione si fa principalmente senza bocciature: nelle
note, nei livelli, nelle occasioni formative sfuggite, nei percorsi
differenziati
Alcuni dati
allievi seguiti dai
servizi di sostegno pedagogico (SSP)
Nellanno
scolastico 2001/2002 complessivamente il 14,7% degli allievi delle
scuole obbligatorie (scuola dell'infanzia, elementare e medie) sono
stati seguiti dai servizi di sostegno pedagogico (rispettivamente il
6,9% nell'anno 85/86 e il 12,2 % dell'anno 1991/92).
Complessivamente questi
bambini sono così ripartiti:
|
% stranieri nella Pop. totale |
% stranieri nella Pop. SSP |
S.I. |
27.5 |
34.4 |
S.E. |
28.1 |
40.3 |
Sme. |
28.8 |
45.7 |
|
Pop. Totale |
Pop. SSP |
||||
|
Basso |
Medio |
Alto |
Basso |
Medio |
Alto |
S.I. |
40.8 |
43.0 |
12.1 |
47.2 |
43.3 |
8.5 |
S.E. |
41.4 |
43.9 |
11.0 |
60.0 |
31.8 |
5.7 |
Sme. |
42.0 |
42.8 |
9.5 |
67.0 |
25.8 |
3.2 |
Da questi dati emerge
che:
1) i bambini stranieri (complessivamente il 42,5 ) e
quelli appartenenti al livello socio-culturale basso nel SSP sono
sovrarappresentati rispetto la popolazione totale;
2) la sovrarappresentazione aumenta man mano che si
procede nella scolarità (il deficit é dunque
cumulativo).
Si rileva anche il
numero complessivo crescente, oggi il 14,7% degli allievi necessitano
di un aiuto "specialistico".
Disturbi specifici e disturbi
non specifici dapprendimento
In una indagine del Provveditorato di Modena nel
1991 (riportato in G. Stella), indagine condotta attraverso 8000
questionari rivolti ad insegnati di scuole elementari e di scuole
medie, si osserva come il percento degli allievi bisognosi di un
aiuto esterno, secondo le opinioni dei docenti aumenti
costantemente (nota bene si tratta di opinioni e non di diagnosi).
Così dal 12,88 % di allievi bisognosi della scuola elementare si arriva al 23,4 % della scuola
media.
Classe |
S.E. % |
S.Me. % |
Prima |
9,9 |
22,8 |
Seconda |
12 |
24 |
Terza |
13,5 |
24,1 |
Quarta |
14,2 |
- |
Quinta |
14,8 |
- |
Percentuale
media |
12,88 |
23,4 |
Malgrado ciò il numero di bambini che presentavano una difficoltà di apprendimento specifico - (con una indagine svolta con strumenti diagnostici a valore oggettivo) sono molto più ridotti: da 1,8 % al 6 % a seconda del disturbo specifico.
Area di
competenza |
S.E. % |
S.Me. % |
Lettura |
3,8 |
3,6 |
Comprensione
testo |
1,8 |
2 |
Scrittura |
4,1 |
4,5 |
calcolo |
6 |
5,3 |
Oltre al rilevato generico aumento di allievi bisognosi è importante rilevare come invece le percentuali delle difficoltà oggettive non aumentano con l'età. Sono quindi indipendenti dal contesto scolastico e dal livello evolutivo raggiunto.
Queste due differenze si spiegano facilmente. Hanno a che fare con lincidenza dei disturbi specifici di apprendimento (DSA, secondo i manuali diagnostici quali il DSM-IV o l'ICD-10.) e con i disturbi non specifici.
I primi trattano di una o più difficoltà endogena indipendente dagli influssi ambientali.
I secondi trattano di difficoltà che il soggetto sperimenta nella sua relazione con la scuola. Il gap, fra le prove oggettive e quelle relative allindagine presso i docenti, viene dunque probabilmente a spiegarsi attraverso l'incidenza di fattori ambientali: quali il cattivo insegnamento, le condizioni socio-culturali, i problemi affettivi, relazionali, ecc
Lindagine indica che il disagio scolastico
manifestato dagli allievi non coincide principalmente con delle vere
e proprie difficoltà di natura specifica, ma è
espressione di problemi di natura diversa. Problemi che provocano
forti ricadute nelle prestazioni scolastiche, pur essendo di natura
diversa.
le lezioni
private
I dati seguenti sono
speculari a quelli precedenti. Parlano di una selezione verso l'alto.
Le lezioni private sono un fenomeno che vede impegnate le famiglie di
reddito alto. Così Scuola Ticinese, n° 253, 2002, pag.
24, descrive questi ragazzi: "Ragazzo o ragazza nato in CH, di lingua
italiana, i cui genitori avevano una formazione elevata ed
esercitavano una professione di categoria superiore".
I dati raccolti
dall'Ufficio studi e ricerche nella primavera del 2000, ci dicono che
il 13,3% degli studenti frequentava delle lezioni private,
specialmente matematica e lingue straniere. Nell'anno scolastico
2002-2003 a Losone una inchiesta interna ha trovato che il 10,9% di
studenti "é stato confrontato con le lezioni private".
scuola, formazione e potere
dacquisto
Oggi si confonde la formazione con la scuola, come se fossero la stessa cosa. I concetti stessi delleducazione e dellistruzione fanno pensare a qualcosa di ridotto nei tempi e negli spazi: si impara solo nella scuola.
Tutti gli specialisti ne convengono: oggi impariamo molte più cose fuori scuola che non dentro (a seconda delle opinioni dal 50% al 80% delle cose vengono imparate fuori)
Oggi la realtà è infinitamente più ricca e stimolante di quella diciamo di 20 - 30 - 40 anni or sono: radio, cinema, TV satellitare, giornali, internet, ecc bombardano il nostro quotidiano
Suonare uno strumento, andare a teatro o al cinema, recitare in un teatro, cantare in un coro, giocare a scacchi, esercitare una disciplina sportiva, realizzare un DVD, visitare un museo o andare per esposizioni sono altrettanti momenti, altrettanti luoghi e altrettante occasioni formative. Far parte di una squadra permette di imparare qualcosa sul piano della collaborazione, delle relazioni e anche della geografia quando si va in trasferta. Partecipare ad una recita rinforza lindividuo sul piano dellespressività, della mimica, della memoria, ecc
Chi si sente di negare che questa ricchezza formativa determina per una grande percentuale la riuscita scolastica?
Privati e società reggono le lezioni di musica, di sport, di teatro, ecc Laccesso classista alla formazione è dunque così assicurato a coloro che possono pagarselo.
Altro che uguaglianza delle chances. La formazione è oggi un lucroso affare dominato dal privato e dove la scuola è presente solo in minima parte.
La scuola è classista? Ma come ancora dubitarne! Laccesso alla formazione è un accesso determinato dal potere di acquisto, o, se preferite, dal potere di consumo.
le competenze
all'uscita della scuola media (Sme)
Il 20% dei maschi e il
12% delle femmine quindicenni in Ticino escono dalla scuola media con
"competenze (che) non sono sufficienti ad assicurare in modo
indipendente sapere e conoscenze specifiche" (Bravo chi legge).
Complessivamente il 15%
dei quindicenni esce dalla scuola con gravi difficoltà di
lettura.
Un terzo degli allievi
che hanno terminato la scuola dell'obbligo in Svizzera non é
in grado di comprendere un testo semplice, il 20% ci riesce a mala
appena (Pisa 2000, Programme for International Student Assessment).
Uno studio condotto
dall'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico) sugli abitanti della Svizzera, in età compresa tra
i 16 e i 65 anni, ha confermato questo dato di fatto. Il 9,1% della
popolazione autoctona e il 63% degli immigrati rientrano nella
categoria con più gravi problemi di lettura e scrittura.
La Svizzera, tra i paesi
dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico
(Ocse), appartiene al gruppo delle nazioni dove lo status
professionale dei genitori incide maggiormente sulle prestazioni
degli allievi. Un fatto appare evidente: per avere successo a scuola
é meglio avere genitori svizzeri e colti.
Nel test Pisa i migliori
risultati sono stati ottenuti da giovani cresciuti in un ambiente
propizio, dove i genitori vantano una solida formazione culturale ed
esercitano un'attività professionale ben remunerata e di alto
prestigio sociale. La metà degli allievi figli di immigrati
hanno invece riscontrato notevoli difficoltà. I problemi
tendono infatti ad acuirsi quando alla scarsa formazione del contesto
familiare si aggiungono l'insufficiente conoscenza della lingua
d'insegnamento e la poca dimestichezza con la cultura locale.
selezioni alle
elementari
Origine socio-culturale degli allievi e livello di padronanza raggiunto in matematica alla fine dell'anno (Dimat) [2].
Classe 3 (indagine
su quattro classi del cantone Ticino)
|
Livello
socio-economico |
||
|
Basso |
Medio |
Alto |
Scarto
dalla media |
- 5,14 |
+ 1 |
+ 4,14 |
Classe 5 (indagine su sette classi del
cantone Ticino)
|
Livello
socio-economico |
||
|
Basso |
Medio |
Alto |
Scarto
dalla media |
- 4,15 |
+ 0,68 |
+ 3,47 |
Ebbene sia in terza che in quinta S.E. i ragazzi di estrazione sociale più bassa, cumulativamente, non raggiungono la media della classe e si situano rispettivamente 9,28 e 7,62 punti sotto i ragazzi di livello superiore.
Le note di italiano a fine anno [3].
La media cumulata in tre classi di 5 elementare
(59 allievi) vede una differenza tra basso e alto ceto della nota di
0,93.
Piste
indiziarie
1) La
responsabilità del disadattamento ricade sul principio
dell'uguaglianza formale fra gli individui, derivato dalle filosofie
liberiste (che oggi imperano), a cui ubbidisce tutto il sistema
scolastico. Questa uguaglianza formale finisce per favorire i
favoriti e per sfavorire gli sfavoriti semplicemente ignorando nei
contenuti dell'educazione, nelle tecniche di trasmissione e nei
criteri di giudizio, le diversità socio-cognitive esistenti
fra gli utenti della scuola, come pure il potere di acquisto delle
famiglie.
2) In questi ultimi
anni, le speranze per una scuola migliore sembra siano state riposte
essenzialmente in due approcci pedagogico-didattici.
Il primo consiste nelle
valutazioni di entrata degli allievi al fine di stabilire il livello
delle loro competenze. Queste valutazioni possono essere effettuate
ad ogni livello scolastico per, e qui viene la seconda impostazione,
differenziare gli apprendimenti.
In verità solo
recentemente si cominciano a capire le collusioni fra gli obiettivi
generosi, ideali dell'approccio differenziato delle materie e
l'interessamento, per tali approcci, da parte dei fautori del
liberismo e dell'ottimizzazione delle risorse.
3) Il tema delle
valutazioni di entrata si ricollega decisamente a quello della
possibilità della certificazione oggettiva degli
apprendimenti. La diffusione di materiali comuni a tutto il cantone
(come per esempio quelli di mate, francese, o grammatica) permettono
un controllo capillare comune e omogeneo di tutti gli allievi.
Così ad esempio una valutazione in matematica (dimat) diventa
uguale da Airolo a Chiasso perché l'apparato di percorsi
proposti é identico. Basta guardare quante schede il ragazzo
ha effettuati
È evidente l'assoluta omogeneizzazione
degli approcci e l'appiattimento su materiali artefatti, uguali per
tutti
4) Ebbene l'esperienza
della differenziazione dei programmi ci dice che questa viene
oggi a certificare la selezione scolastica, senza per
questo essere in grado di intaccarla.
La differenziazione si
manifesta idealmente come una organizzazione e una concezione
moderna, generosa, aperta e che permette ad ogni allievo di
rispettare il proprio ritmo evolutivo, senza forzarlo a fare cose per
lui in quel momento troppo lontane, difficili o incomprensibili. In
realtà questa concezione non vive sulle nuvole, ma si applica
in un contesto che è storico, sociale, culturale. E questo
contesto é fatto di ineguaglianze di formazione e di censo.
Il ragazzo che prosegue
il suo percorso al suo ritmo, non deve poi, alla fine del curricolo,
fare pure lui i conti? Oppure il suo personalizzato percorso lento
non ha a che fare con le note finali e gli obiettivi minimi di
padronanza?
5) La differenziazione
oggi viene organizzata essenzialmente con degli apparati e strumenti
didattici che consistono in percorsi progressivi di schede. Il
rischio di vedere la pedagogia trasformata in una amministrazione
burocratica di schede è forte. I classificatori (pieni di
schede) imperano; dove sono l'esperienza, la scuola attiva, la
relazione, l'apprendimento cooperativo? Eccola la deriva
neo-comportamentista
dove gli strumenti didattici diventano
gli scopi stessi.
6) In verità oggi
quella generosità finisce col favorire coloro che si
conformano meglio. Questa differenziazione non cambia nulla alle
condizioni di partenza, fatte di ineguaglianze
non
necessariamente tiene conto delle reali condizioni sociali, culturali
degli allievi.
Così,
paradossalmente, l'attenzione alle differenze diventa una
indifferenza alle differenze. Perché nulla può fare per
modificare i spontanei ritmi lenti dei meno "abbienti"
[4]
7) Ora, se le
valutazioni di entrata degli allievi al fine di stabilire il livello
delle loro competenze, e differenziare gli apprendimenti, sono passi
importanti ai fini di una corretta programmazione del curricolo, non
si tratta di confondere lucciole per lanterne.
Da un lato vediamo molti
tentativi per ovviare alla differenze evolutive con degli apparati
didattici che meglio vorrebbero essere attenti alle differenze degli
allievi. E ciò fa decisamente onore ai docenti.
Daltro lato
credere che si possa ovviare alle insufficienze strutturali della
formazione odierna con qualche rinnovamento pedagogico didattico sa
di infatuazione (nel migliore dei casi) o di adulterazione (nei casi
peggiori).
Oggi sarebbero necessari
investimenti massicci, nella diminuzione degli allievi per classe,
nella generalizzata iscrizione alle scuole dellinfanzia a tre
anni, e così via
[5].
Ma probabilmente si deve
pure cominciare a mettere ordine nelle offerte formative del
cosiddetto tempo libero, che il privato accorda così
selettivamente.
Linsegna scuola sta fuori, e non dentro le mura del palazzo .
Giovanni Galli
Psicologo, psicopedagogista, operatore SSP
Brissago, gennaio 2005
[1] Questo articolo riprende due miei testi precedenti. Per i riferimenti bibliografici, come pure per una trattazione più sistematica e approfondita cfr.: Disadattamento, selezione scolastica, democrazia degli studi. http://web.ticino.com/giovannigalli/Selezionescolas.htm , scarpe rotte, eppur bisogna andar! Indizi e considerazioni sulla democraticità della scuola.
[2] Dati raccolti dal sottoscritto.
[3] Idem.
[4] Intendiamoci: la differenziazione dei programmi è e resta una ottima chance per una organizzazione ottimale della classe, questa però non ha nulla a che fare con la democratizzazione (in verità non viene a ridistribuire nulla ). Per una trattazione più approfondita del sottoscritto sulla differenziazione dei programmi cfr.: I vestiti dell'imperatore. (Il soggetto tra globalizzazione e individuazione)
[5] Lo stesso gruppo di lavoro del rapporto PISA segnala che bisogna incoraggiare la lettura, intensificando la collaborazione con le biblioteche. Per gli allievi che parlano una lingua straniera è opportuno predisporre corsi specifici e se necessario estenderli ai loro genitori. Si impongono poi misure sociali che portino ad un rafforzamento degli asili nido, delle mense e dellassistenza agli allievi al di fuori dellorario scolastico. Lapplicazione di questi provvedimenti ha un prezzo: il gruppo di lavoro Pisa 2000 calcola una spesa di 1,2- 1,9 miliardi di franchi.