CALICANTO, appunti di antropologia e etnografia dell'educazione e della dominazionenumero 0"REALISMI?" |
Da sempre l'uomo ha cercato di esprimersi
attraverso l'immagine. Il disegno l'abbozzo, il desiderio di creare
forme secondo criteri estetici, come il piacere puro di decorare e di
adornare, sono tutti impulsi originali dell'uomo. In effetti l'uomo
primitivo si sforzava già di riprodurre il mondo in cui
viveva, cioè voleva, nel significato più vero
dell'espressione, "farsene un'immagine". Tentava di trovare una
rappresentazione dei fenomeni enigmatici e inspiegabili e di darvi
forma. Ben presto l'uomo si interrogo sul "da dove" e il "verso
dove". Per queste prime immagini, egli si accontentava di qualsiasi
sfondo. Come supporto delle sue rappresentazioni usava rocce, pietre,
pelli conciate, le pareti del suo abitato (si pensi ad esempio ai
dipinti rupestri dei popoli preistorici), tessuti, vestiti, utensili,
gioielli. L'uomo creava segni semplici ai quali attribuiva un potere
simbolico o magico: la capacità di allontanare i pericoli, di
proteggere lui stesso e la comunità in cui viveva, di
ammansire gli Dei e i demoni. Da quei segni semplici si
sviluppò in seguito un linguaggio complesso di immagini e di
forme. L'uomo traeva i suoi innumerevoli disegni dalle forme
naturali, dai regni vegetale e animale, dagli oggetti della vita
quotidiana o di culto, dal corso degli astri e dalle creature nate
dalla fantasia. I modelli - piante, oggetti o esseri - venivano
riprodotti con più o meno realismo naturalistico. Tuttavia,
per molti aspetti, la riproduzione mirava a raggiungere l'essenziale
tramite un'elaborazione stilizzata, geometrizzata e astratta.
L'uomo manifestava la sua volontà estetica nella creazione di
immagini. La classificazione di un'immagine - ossia di una superficie
cui é stata data una forma - come opera d'arte é
determinata da diversi criteri formali, estetici e contenutistici.
Per quanto riguarda il trattamento delle superfici, questi criteri
possono variare fondamentalmente e nascere da presupposti del tutto
diversi.
E' interessante soffermarci qui, per contrapporre il concetto del
trattamento delle superfici in Occidente e in Oriente. Da noi,
l'insegnamento artistico tradizionale mira a familiarizzare lo
studente con i criteri iconici. La superficie, che ha una dimensione
prestabilita, va riempita in funzione di criteri strutturali ed
estetici. Un oggetto da rappresentare secondo natura - per esempio
una natura morta - deve quindi essere inserito nella superficie
secondo proporzioni corrette e secondo una giusta divisione dello
spazio. In altre parole, non deve essere troppo grande o troppo
piccolo, né essere piazzato tutto a sinistra o tutto a destra
del foglio o della tela. Viene ricercata una struttura armonica della
superficie, con una giusta proporzione fra l'oggetto della
rappresentazione e lo sfondo. Lo stesso vale per la pittura non
oggettuale, astratta L'oggetto da rappresentare, il motivo (introduco
qui il termine "motivo" per semplificare) viene inserito nella
superficie. Da noi, quindi, conta prima la superficie, e soltanto
dopo viene la rappresentazione del motivo. Il motivo deve articolare
la superficie, e allo stesso tempo é questa operazione a dare
il suo significato alla cosa rappresentata.
Nel mondo orientale la superficie ha un ruolo secondario. A
primeggiare é il motivo, che il pensiero può sviluppare
all'infinito; la superficie definisce un ritaglio di questo motivo
illimitato. Per capire meglio questa affermazione, dobbiamo
immaginare che abbiamo ritagliato una finestra (rettangolare o
quadrata) in un foglio di carta e che lo applichiamo sul disegno di
uno schema di motivi che si ripete all'infinito. Adesso spostiamo la
finestra. A seconda della sua posizione, vediamo diversi ritagli del
motivo. Così la funzione della superficie é di rendere
più chiaro il motivo. Nella concezione orientale dell'arte
questo significa che esistono due superfici disegnate: quella
visibile all'occhio e quella invisibile all'occhio. In altre parole,
esiste un motivo indipendente della sua rappresentazione sulla
superficie, ed esso esiste, per modo di dire, come concezione
anteriore, come "motivo in sé".
Questo esemplifica l'idea della nostra esistente finita all'interno
dello svolgersi cosmico infinito, articolato da Dio, anch'Egli
infinito: l'idea della finitudine e dell'eternità. Qui la
superficie trattata diventa un simbolo dello spazio e
dell'eternità, mentre l'oggetto che riempie la superficie sta
per la realtà fuggevole e limitata.
Questo principio si applica per esempio al tappeto orientale. La
superficie del tappeto che ci appare come una unità di
rappresentazione chiusa, in realtà é concepita soltanto
come un ritaglio. Così il tappeto acquisisce caratteristiche
simili a quelle di un mandala. Diventa oggetto di concentrazione, di
meditazione.
In Oriente il motivo, infinito, primeggia.
Nel motivo viene scelto un ritaglio. Questo produce una superficie o l'altra
(questi esempi servono soltanto a illustrare il principio. Esistono ovviamente motivi o rappresentazioni ben più complessi).
In Occidente
Qui i criteri di composizione sono corretti. La natura morta si conforma a un triangolo concettuale.
Esempi "sbagliati"
La composizione a sinistra lascia troppo sfondo vuoto. Lo stesso vale per la forma di rappresentazione a destra.
Quindi, da noi é la superficie
che va riempita secondo criteri pertinenti.
Parigi, 5 settembre 1998