Mountain Cycle DNA
prova su
strada di Matteo"ilGATTO"Gattoni
..:: PRE-TEST-O ::..
Venerdì sera ore 18.03 mi arriva un sms "se vuoi essere il primo tester della
DNA chiamami subito".
Venerdì sera ore 18.17 sono in via Lucillo Gaio (PRO-M
ndr)
Così mi tocca fare una cosa che non ho mai fatto in vita mia: il tester. Io di
tecnica di bici me ne intendo poco, quello che so l'ho ricevuto per osmosi dai
miei amici biker. Di tutte le bici che ho avuto non ne ho mai scelta nessuna per
presunte prestazioni superiori. Le bici le scelgo per il feeling che mi danno.
Quindi quello che se segue non leggetelo come un vero e proprio test, ma come le
sensazioni di un appassionato.
..:: La Mamma ::..
Non
sono mai stato un fan delle
Mountain Cycle; le
ho sempre scrutate, ammirate, invidiate, schifate...insomma sono le classiche
bici ricche di personalità che dividono in due il pubblico: chi le ama e chi non
le capisce.
Ma la San Andreas era oltre questa categoria. La San Andreas è una bici che è
diventata una pietra miliare nella storia della mtb. Una bici che 15 anni fa era
talmente all'avanguardia che già possedeva le caratteristiche delle bici più
moderne dei giorni d'oggi. Una bici completamente diversa da tutte le altre. Una
bici semplice e futuristica. Una bici che in un epoca in cui i progettisti di
biciclette inseguivano il sogno della bici + veloce in salita sconvolgeva
l'ambiente con geometrie e sospensioni che la rendevano divertentissima.
Una bici così versatile da rimanere ancora attuale oggi, grazie alla possibilità
di variare la geometria e il tipo di utilizzo modificando delle sospensioni.
Spiegare la San Andreas in poche parole è difficile ed è inutile che lo faccia:
è semplicemente un mito unico e irripetibile.
..:: La
Figlia ::..
In genere sono contrario alla versione 2.0 dei veri miti: odio le nuove Mini e i
new-beetle. Non giudico gli oggetti dalla loro aspetto estetico: l'estetica deve
essere l'unica scelta realizzativa possibile dell'idea che li ha generati.
Quando ho sentito che Mountain Cycle aveva in cantiere una nuova S. Andreas ero
curioso ma al tempo stesso deluso..ero convinto che la DNA non fosse nient'altro
che una brutta copia della "mamma".
Ma la prima volta che ho visto in foto la DNA ne sono rimasto subito
affascinato. Niente a che fare con gli attuali remake sterili che mutuano
l'aspetto esteriore ricostruendolo con finiture più moderne l'aspetto esteriore.
La
DNA mutua le idee della San Andreas e le rivaluta con un ottica più moderna. La
costruzione del telaio resta fedele allo scatolato, ma la lavorazione della DNA
sfrutta la tecnologia dell'idroformatura. Il design è splendido pur essendo
fedele alla forma originaria appare più snello e meno rigoroso nelle forme. Così
il telaio (disponibile in taglia unica con possibilità di ordinare telaietti
reggisella in diverse taglie) mantiene la caratteristica di avere un basso
stand-over, e posizionando la maggior parte della struttura del telaio nella
parte inferiore dove è posizionato l'infulcro del forcellone, migliorando la
rigidità dell'insieme.
La sospensione è sempre un monocross, ma l'infulcro è posizionato più in basso,
migliorando la pedalabilità della bicicletta sul liscio. Anche il movimento
centrale è posizionato più in basso, valore geometrico secondo me
importantissimo per avere un buon feeling con la bicicletta. L'attacco
dell'ammortizzatore è posizionato superiormente grazie ad una staffa che
permette un buon range di regolazione della geometria della bicicletta grazie
alla variazione dell'angolo di sterzo. L'attacco inferiore dell'ammortizzatore è
posizionabile su 2 posizioni che permettono di variare l'escursione da 150 a 172
mm.
Grazie all'utilizzo di ammortizzatori "progressivi", lunghe escursioni,
componentistica affidabile e peso
di contenuto la DNA permette di fare tutto ciò che era possibile con la vecchia
San Andreas, migliorando al contempo le prestazioni in ambito pedalatorio.
Tornando al paragone con le auto la DNA è più simile alla evoluzione che hanno
avuto le Porsche Carrera rispetto alla copia dei New-beetle. Un semplice
adattamento della tecnologia pur mantendo fisse le idee generatrici del
progetto.
..::
La PROVA
::..
Il percorso di del test consisteva in una lunga
salita a tratti asfaltata, a tratti su mulattiera facile, e infine su un
sentiero ripido e tecnico. La discesa era molto varia e comprendeva tratti
scorrevoli, tratti dissestati con passaggi impegnativi e soprattutto tratti
ricchi di curve a raggio ridotto.
Appena saliti sulla bici la posizione in sella si rivela naturale. Subito si
percepisce una grande agilità dell'insieme dovuto forse all'interasse corto (non
ho effettuato misurazioni della geometria). Nonostante la generosa escursione
(150 mm di una marzocchi all-mountain + 170 mm del telaio) gli appoggi non si
trovano in una posizione troppo alta: fattore fondamentale per la guidabilità
della bici sul tecnico-lento.
Una scalinata presa @manetta mi è servita subito per capire che la distribuzioni
dei pesi è ottimale per una guida precisa sfruttando i movimenti del corpo,
senza peraltro sovraccaricare l'avantreno. Purtroppo la scalinata mi è servita
anche per capire che l'ammortizzatore posteriore non era tarato per il mio
peso..quindi i giudizi dell'affondamento della sospensione vanno presi con le
pinze.
Sul
ripido in salita la bici è ben bilanciata e non tende ad impennare; mentre il
baricentro ad altezza moderata, l'agilità dell'insieme e la lunga escursione
permettono di superare i tratti tecnici e ripidi.
Sul liscio la bici si dimostra molto rigida, e pronta allo scatto e grazie
all'ammo non bobba.
Insomma l'utilizzo di sospensioni di nuova generazione e l'infulcro basso la
fanno poco sensibile alla pedalata, mentre la geometria superagile la rendono
adatta alle salite tecniche a velocità ridotta.
La discesa del test iniziava con un bel ripidino su
neve dove superato l'imbarazzo iniziale dovuto sostanzialmente alla non
conoscenza delle gomme sono riuscito a farla correre...grazie alla posizione in
sella e alla lunga escursione della forca mi è parso che la bici non sia per
niente soggetta agli imputamenti. Il resto della discesa consisteva in un lungo
singletrack che alternava tratti scorrevoli a tratti ripidi e sassosi costellati
di tornantini. Probabilmente è la discesa per la DNA. Arrivati in velocità sui
tornantini è sufficiente impostare la curva e lasciare correre la ruota
posteriore per trovarsi gia pronti all'uscita di curva: mai provata una cosa
così. La bici è molto maneggevole e in discesa è possibile cambiare velocemente
la traettoria..non è una bici da lasciar correre sugli ostacoli per tritare i
sassi: richiede una guida attiva.insomma è una anguillina. Nei cambi di pendenza
è sufficiente spostare indietro il peso e la bici si mangia tutto. Nei tratti
scorrevoli non mi sono trovato a mio agio: la bici si sembrava nevosa e richiede
attenzione.ma credo che sia una questione di abitudine (la mia bici è + lunga) e
soprattutto le gomme non mi davano un buon feeling.
In discesa è una goduria, un giocattolino. La bici è corta e gira in un
niente...il baricentro è basso (anche perché la sella si abbassa tantissimo) e
la bici è facile da gestire con il corpo. Il manubrio è alto e quindi anche sul
ripido la bici si gestisce con facilità.
La DNA è una bici da "fun-escursionismo" in montagna: semplice, facile da
guidare, prestante in discesa e soprattutto adatta a chi ama la guida
divertente. E'una bici ricca di personalità, dal look che non passa inosservato
e dalle qualità dinamiche uniche: se desiderate una bici da escursionismo
divertente e con buone possibilità di variazioni geometriche avete trovato la
vostra bici.
Testo di Matteo "ilGATTO" Gattoni - Foto di
Matteo Gattoni e Pro-M
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