Nebulose
Le nubi gassose sfumate che formano le nebulose creano bellissimi scenari
contro il nero vuoto dello spazio, emettendo colori sfolgoranti simili ai riflessi dei
raggi del sole sulle nubi della Terra al tramonto.
Le nebulose sono porzioni di spazio in cui la densità media del gas o della polvere è
maggiore del normale e perciò visibile ad occhio nudo. Circa il 10% della massa della
Galassia della Via Lattea galleggia libera tra le stelle sotto forma di atomi e molecole
di gas e, a volte, di granelli di polvere. Questi elementi sono conosciuti come materia
interstellare. In media, esiste un atomo o una molecola di gas ogni centimetro cubo di
spazio e un granello di polvere ogni 100'000 metri cubi.
Nubi molecolari
Le forze gravitazionali impediscono che la materia interstellare si sparga
per tutta la Via Lattea. Al contempo, la materia viene gradualmente attratta in colossali
accumuli conosciuti come nubi giganti molecolari. Queste portano alla formazione di alcuni
tipi di nebulosa.
La tipologia più diffusa di questi fenomeni è quella delle nebulose a emissione. Come
suggerisce il nome, queste nebulose emettono luce e sono pertanto visibili. Il colore
della luce emessa dipende principalmente dalla composizione dei gas che sono contenuti
nella nebulosa. Il gas idrogeno, l'elemento chimico più abbondante nella Galassia, emette
un bagliore rosso con una lunghezza d'onda di 656 nanometri (un nanometro equivale a un
miliardesimo di metro). Molto spesso il colore emesso viene utilizzato per dare il nome
alla regione: per esempio, la nebulosa di Tipo 11 ricca di sirillio studiata dalla U.S.S.
Excelsior NCC-2000 nel 2293 viene chiamata Nebulosa Azzurra per via della luce blu chiaro
che emette.
L'ossigeno produce una luce verde con lunghezza d'onda di 496nm e 501nm. L'elemento può
produrre queste lunghezze d'onda solo negli ambienti estremamente rarefatti dello spazio;
quando la luce verde venne osservata per la prima volta dalla Terra dagli astronomi del
XIX secolo, si credette fosse prodotta da un elemento chimico sconosciuto, al quale fu
dato il nome di Nebulio. Solo in seguito si dimostrò che quelle lunghezze d'onda erano
prodotte dall'ossigeno e che il Nebulio non esisteva.
Stelle enormi
Le nebulose a emissione sono, a loro volta, suddivise in una serie di
sottocategorie. All'interno di una nube molecolare gigante, il gas continua a collassare,
formando stelle sparse tra i gas. Alcune di queste stelle sono corpi celesti enormi, che
contengono più di otto volte la massa del sole terrestre. Producono una grande quantità
di radiazioni ultraviolette che strappano gli elettroni agli atomi di idrogeno vicini,
ionizzandoli. Quando gli elettroni si ricombinano con i nuclei dell'idrogeno, emettono un
colore rosso caratteristico. Il simbolo chimico di un atomo di idrogeno ionizzato è H2, quindi questo tipo particolare di nebulosa a emissione viene chiamata
regione H2. Molte grandi nebulose a emissione appartengono a questa
categoria.
Alla fine della vita di una stella a bassa massa, gli strati esterni di gas vengono
proiettati nello spazio. Questo evento mette a nudo il nucleo denso e caldo dove avveniva
la fusione nucleare della stella. Come è facile immaginare, il nucleo è incredibilmente
caldo ed emette un'enorme quantità di radiazioni ultraviolette. Questo fa si che i gas si
illuminino creando quella che viene chiamata una nebulosa planetaria. Queste non hanno
niente a che fare con i pianeti, ma quando vennero osservate per la prima volta con i
telescopi del XVIII secolo, piccoli e poco evoluti, somigliavano al pianeta esterno del
sistema solare terrestre Nettuno, appena scoperto, e furono quindi erroneamente chiamate
così.
Le stelle morenti di grande massa esplodono in maniera spettacolare creando nebulose
conosciute come resti di supernovae. Queste nubi sono costituite dai componenti
sparpagliati di stelle che sono letteralmente andate in pezzi.
Nebulose planetarie
Le nebulose planetarie brillano per diverse ragioni. Una è che le
particelle ad alta energia create in seguito all'esplosione entrano in collisione con i
gas, emanando un'alta concentrazione di energia che in seguito provoca l'emissione di
luce. L'emissione di luce visibile viene prodotta anche quando il gas espulso nello spazio
entra in collisione con il gas più lento che forma la materia interstellare, creando onde
d'urto che eccitano il gas e lo fanno brillare. Geordi La Forge nel 2370 usa i resti di
una supernova per produrre particelle verteron, necessarie a nutrire una forma di vita
emergente che si evolve dal computer della U.S.S. Entrerprise NCC-1701-D.
In contrasto, le concentrazioni di gas e polvere possono essere così dense da bloccare la
luce delle stelle o del gas luminoso dietro la nebulosa. Questi fenomeni sono noti come
nebulose ad assorbimento o nebulose oscure; col tempo, al loro interno si formeranno delle
stelle ed esse diventeranno regioni H2.
Le nebulose ad assorbimento non devono essere confuse con le nebulose di materia oscura.
La Flotta Stellare conosce ormai diversi esempi di queste nubi di materia oscura, come la
Nebulosa Mar Oscura, agglomerato di materia esotica che non interagisce con le radiazioni
elettromagnetiche. A contatto con la normale materia, però, la materia oscura può
interagire con essa in diversi modi pericolosi, e le navi stellari dovrebbero evitarla a
tutti i costi.
Stelle di massa inferiore potrebbero non essere in grado di eccitare le regioni H2 che le circondano, ma possono generare nebulose a riflessione, nubi di
gas il cui contenuto di polveri riflette la luce delle stelle in ogni direzione.
Stelle nascenti
Spesso le stelle giovani, responsabili dell'illuminazione della nube, sono
circondate da una spessa "ciambella" di polveri, in cui vanno formandosi i
pianeti. Ciò permette alla luce di allontanarsi solo in due direzioni, il che provoca un
effetto ottico a forma di clessidra. Questa viene chiamata nebulosa a riflessione
bipolare. Nel 2367, l'equipaggio del Capitano Jean-Luc Picard indaga su un sistema
stellare di tipo T-tauri situato nella nebulosa a riflessione Ngame. L'esplorazione delle
nebulose da parte della Flotta Stellare ha portato finora alla classificazione di almeno
17 tipi di nebulosa, ma può darsi che ve ne siano molti altri ancora da scoprire.
Mondi nascosti
Nel 2285, l'Ammiraglio James T. Kirk dirige la U.S.S. Enterprise NCC-1701
in una regione H2 del Quadrante Alfa conosciuta come la Mutara
Nebula. La posizione esotica di questa regione di spazio, unita all'interferenza delle
radiazioni ionizzanti, limita l'uso dei sensori; questo ambiente rende impossibili le
letture tattiche. Le nebulose a emissione possono anche impedire il funzionamento dei
dispositivi di occultamento. I Cardassiani hanno occupato Amleth Primo, un mondo ubicato
all'interno di una nebulosa a emissione e quindi difficile da localizzare.
Anche i Fondatori hanno trovato rifugio dalle persecuzioni stabilendosi su un mondo posto
nella Nebulosa di Omarion del Quadrante Gamma. Il loro pianeta non orbita attorno ad una
stella, anche se viene comunque considerato di classe M.
Fenomeni insoliti
Nel 2373 l'equipaggio della U.S.S. Voyager NCC-74656 scopre una rara
nebulosa nel Quadrante Delta composta da correnti di plasma instabili. Le nebulose a
inversione sono incredibilmente belle, ma si esauriscono nel giro di pochi anni e non se
ne conosce nessuna nel Quadrante Alfa.
Quella del Quadrante Delta si può ammirare grazie ad un potente essere chiamato Marayna,
che la conserva in modo che altri ne apprezzino la bellezza. Marayna si annoia molto nel
suo compito solitario, e si diverte penetrando nei computer delle navi di passaggio; resta
affascinata dai ponti ologrammi della Voyager e si innamora del capo della sicurezza, il
Tenente Tuvok. La solitaria aliena intrappola la nave nella nebulosa, ma per fortuna Tuvok
la persuade a liberare la Voyager ed il suo equipaggio. |